lunedì 22 agosto 2011

Commemorati a Palermo il procuratore Gaetano Costa ed il vicequestore Ninni Cassara'


Palermo, 6 agosto. - Commemorati a Palermo il procuratore Gaetano Costa ed il vicequestore Ninni Cassara' uccisi da Cosa nostra lo stesso giorno nel 1980 e nel 1985.
Nell'anniversario della loro morte i due servitori dello Stato sono stati ricordati nei luoghi in cui sono stati uccisi. Cassara' in via Croce Rossa, proprio davanti alla sua abitazione, Costa in via Cavour, dove e' stato freddato dai sicari della mafia.
Gaetano Costa tra le vittime della mafia è una delle più illustri, per la sua singolarità e per il tempo in cui ebbe a svolgersi la sua azione di contrasto di Cosa Nostra. Prima ancora dell’epoca di Falcone e Borsellino.
E’ un precursore, un magistrato che precorre i tempi, come il Battista.
Originario del nisseno, quando arriva a Palermo, trova un ambiente ostile. Ciò nonostante continua l’azione coraggiosa intrapresa dal giudice Cesare Terranova assassinato l’anno prima, nel 1979. Comincia così a fare quello che non avevano fatto alcuni dei suoi colleghi: firma diversi mandati di cattura contro il boss Gaetano Spatola e diventa presto, consapevole di esserlo, il numero uno della lista dei nomi che la mafia decide di cancellare.
Il delitto è ordinato da Salvatore Inzerillo, ma a distanza di oltre trent’anni possiamo dire che nessuno è stato condannato per la sua morte. Avvenuta quella sera d’estate a Palermo mentre solo è intento a guardare un libro in una bancarella di via Cavour.
Aveva rifiutato ogni scorta perchè non voleva essere responsabile  della morte provocata indirettamente agli uomini che lo avrebbero accompagnato.
Tirò dritto per la sua strada come un uomo che sapeva che quella era la via giusta da percorrere per arrivare alla meta. Cioè l’esempio, la serietà professionale, il coraggio delle proprie scelte, quando altri magistrati lo lasciavano solo e apparivano arrendevoli.
La sua fu, al contrario, una vera e propria guerra di Liberazione, molto simile a quella che egli stesso aveva combattuto dopo l’8 settembre durante la Resistenza antifascista. E da combattente è caduto.
Bisogna tenere vivo il ricordo della sua esistenza e non solo nell’occasione della ricorrenza del suo assassinio, proprio in questi tempi in cui il disfacimento dei valori, il personalismo, e la corruzione sono persino al governo della cosa pubblica.






Il 6 agosto 1985, davanti al portone di casa, viene trucidato il Vice questore di Palermo Ninni Cassarà, la sua colpa è di essere un investigatore moderno e coraggioso, un uomo di Stato che, a fianco di Falcone e Borsellino, lotta contro “cosa nostra”. Prima di lui, sono già caduti il poliziotto Boris Giuliano, i giudici Costa, Terranova e Chinnici, il Presidente della Regione Piersanti Mattarella, Pio La Torre e, subito dopo, il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e sua moglie Emanuela Setti Carraro.
Cassarà collabora con Falcone nel cosiddetto “pool antimafia” della Procura di Palermo.
Ninni Cassarà è ricordato per avere dato quel contributo determinante sul fronte investigativo, che consentì di abbattere quel muro di omertà e connivenze che fino ad allora aveva garantito impunità a Cosa nostra. Fu anche grazie alle sue indagini che fu istruito il primo maxi processo contro “cosa nostra”.
Il grande lavoro svolto da Ninni Cassarà insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino resta impresso nel famoso “rapporto dei 162”, una vera e propria radiografia degli schieramenti di mafia e dei delitti compiuti in quegli anni, messo a punto congiuntamente da polizia e carabinieri, che aveva costituito appunto uno dei pilastri portanti del primo grande maxiprocesso alla mafia.
Il  barbaro assassinio di Cassarà, insieme a quello del poliziotto Roberto Antiochia, suo coraggioso e generoso collaboratore, fu una vendetta spietata per i duri colpi inferti alla mafia”.
Quella del 6 Agosto 1985 è' senza dubbio una tra le scene più terribili legate ad un omicidio di mafia, quel giorno la moglie di Ninni Cassarà, Laura, scende 8 piani di scale gridando. In braccio tiene la figlia di 2 anni, Elvira, ha appena assistito dal balcone all'omicidio del marito. Ad ogni piano implora i vicini di aprire la porta e di occuparsi temporaneamente della piccola.  Nessuno apre. Solo all'ultimo momento il gesto pietoso di un inquilino permette a Laura di arrivare da sola al piano terra per abbracciare il marito ormai colpito a morte.
In quello stesso spazio che separa alcuni palazzi di viale Croce Rossa la musica del silenzio di ordinanza si espande nel giorno del 26° anniversario dell'omicidio del vice
questore Cassarà e dell'agente di scorta Roberto Antiochia. Laura Iacovoni Cassarà osserva distaccata le tante strette di mano tra i rappresentanti delle istituzioni locali venuti a deporre le corone di fiori. Insieme a lei ci sono i suoi figli Gaspare, Marida ed Elvira, nel 1985 avevano undici, nove e due anni. Poco più in là ci sono anche Vincenzo Agostino e sua moglie Augusta, insieme a loro c'è don Ciotti.
Prima che morisse nel 2001 Saveria Antiochia, la mamma di Roberto, aveva chiesto al fondatore di Libera di venire al suo posto a ricordare suo figlio.

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