lunedì 8 luglio 2019

Lettera di Abraham Lincoln


La lettera di Abraham Lincoln all’insegnante di suo figlio


Abraham Lincoln fu un politico e avvocato statunitense e il 16esimo presidente Usa, il primo appartenente al partito repubblicano. Pose fine alla schiavitù con la ratifica del XIII emendamento della costituzione a stelle e strisce nel 1865.
Questa è una celebre lettera che Lincoln inviò a all’insegnante di suo figlio il primo giorno di scuola. Dalla lettera emerge l’importanza data alla figura dell’insegnante e alla formazione, dove la scuola si eleva a guida fondamentale per un individuo.

“Il mio figlioletto inizia oggi la scuola: per lui, tutto sarà strano e nuovo per un po’ e desidero che sia trattato con delicatezza. È un’avventura che potrebbe portarlo ad attraversare continenti, un’avventura che, probabilmente, comprenderà guerre, tragedie e dolore. Vivere questa vita richiederà Fede, Amore e Coraggio. Quindi, maestro caro, la prego di prenderlo per mano e di insegnargli le cose che dovrà conoscere. Gli trasferisca l’insegnamento, ma con dolcezza, se può. Gli insegni che per ogni nemico c’è un amico. Dovrà sapere che non tutti gli uomini sono giusti, che non tutti gli uomini sono sinceri. Gli faccia però anche comprendere che per ogni farabutto c’è un eroe, che per ogni politico disonesto c’è un capo pieno di dedizione.
Gli insegni, se può, che 10 centesimi guadagnati valgono molto di più di un dollaro trovato; a scuola, o maestro, è di gran lunga più onorevole essere bocciato che barare. Gli faccia imparare a perdere con eleganza e, quando vince, a godersi la vittoria. Gli insegni a esser garbato con le persone garbate e duro con le persone dure. Gli faccia apprendere anzitutto che i prepotenti sono i più facili da vincere.
Lo conduca lontano, se può, dall’invidia, e gli insegni il segreto della pacifica risata. Gli insegni, se possibile, a ridere quando è triste, a comprendere che non c’è vergogna nel pianto, e che può esserci grandezza nell’insuccesso e disperazione nel successo. Gli insegni a farsi beffe dei cinici. Gli insegni, se possibile, quanto i libri siano meravigliosi, ma gli conceda anche il tempo di riflettere sull’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina.
Gli insegni ad aver fede nelle sue idee, anche se tutti gli dicono che sbaglia. Cerchi di infondere in mio figlio la forza di non seguire la folla quando tutti gli altri lo fanno. Lo guidi ad ascoltare tutti, ma anche a filtrare quello che ode con lo schermo della verità e a prendere solo il buono che ne fuoriesce.
Gli insegni a vendere talenti e cervello al miglior offerente, ma a non mettersi mai il cartellino del prezzo sul cuore e sull’anima. Gli faccia avere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso. Gli insegni sempre ad avere suprema fede nel genere umano e in Dio.
Si tratta di un compito impegnativo, maestro, ma veda che cosa può fare. È un bimbetto così grazioso, ed è mio figlio”. 


venerdì 5 luglio 2019

Filippo Basile


FILIPPO BASILE - quel funzionario ucciso per vendetta

Vent’anni fa, il 5 Luglio 1999, l'omicidio di Filippo Basile, 38 anni. Era stato nominato capo del personale dell'assessorato all'Agricoltura e Foreste. Mandante del delitto è stato Nino Sprio, ex funzionario della Regione Sicilia.
Basile fu ucciso con tre colpi di pistola in pieno giorno; un omicidio che aveva fatto ripiombare di colpo Palermo nel suo periodo più buio. Il delitto si consuma nei pressi dell'assessorato regionale all'Agricoltura. Il killer raggiunge Basile in un parcheggio mentre era seduto in auto e stava per rientrare in ufficio, si finge un posteggiatore e chiede qualche spicciolo; poi estrae la pistola e apre il fuoco, uccidendo il dirigente; senza far rumore, perché la pistola è col silenziatore.
L'assassino aveva tagliato la ruota anteriore sinistra dell'auto per non far scappare la sua vittima. Per la fredda modalità di esecuzione si parlò subito di mafia.
Qualche mese dopo Ignazio Giliberti, sicario palermitano in missione in Toscana, confessa e ammette di essere un killer al soldo di un funzionario regionale corrotto.
Racconta di aver ammazzato Filippo Basile e risolve un giallo eccellente che ha per sfondo gli intrighi della Regione siciliana. A commissionare l'omicidio è stato Nino Sprio, ex impiegato della Regione Sicilia, per vendetta. Nino Velio Sprio era stato arrestato nell'86 per una storia di truffe su contributi agricoli.
Basile era capo del Personale dell'assessorato: si era messo in mente di fare il proprio dovere licenziando Sprio, dopo che lo stesso era stato condannato con sentenza definitiva per vari reati, all’interdizione dai pubblici uffici, ma la pratica del licenziamento si era “bloccata” per mesi, per motivi burocratici e cavilli; ci mette un tempo infinito per scendere le scale dal quarto al secondo piano e l’assessore all’Agricoltura, divenuto poi Presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, non trova il tempo di firmarla perché troppo occupato con la campagna elettorale.
Una campagna a cui pare che partecipi anche Sprio, almeno a sentire il killer Ignazio Giliberti. Sprio e Cuffaro sono compaesani, entrambi di Raffadali e, sempre a sentire il killer Giliberti, Sprio chiama Cuffaro “il mio figlioccio”.
La pratica per il licenziamento di Sprio verrà firmata da Cuffaro il 12 luglio 1999, sette giorni dopo l’uccisione di Filippo Basile.
Nelle motivazioni della sentenza per il delitto Basile, i giudici denunciano le responsabilità di Cuffaro nella creazione del clima di ostile isolamento in cui il funzionario trascorreva i suoi giorni all’Assessorato.
A distanza di tanto tempo è giusto ricordare Filippo Basile e vederlo come punto di riferimento per quanti vivono la dimensione della pubblica amministrazione come servizio a favore della comunità. Un ricordo che è anche rifiuto e condanna di quei comportamenti, per fortuna sempre più socialmente e culturalmente isolati, di chi vive la dimensione amministrativa e politica come clientela e subcultura mafiosa".
Nino Velio Sprio, è morto nel 2016 all'età di 73 anni, nella sua abitazione palermitana, condannato a cinque ergastoli per altrettanti omicidi, commessi tra la fine degli anni '80 e la fine degli anni '90; malato da tempo, aveva ottenuto la detenzione domiciliare già nel 2002.