“La mia famigghia, il mio paese, io voglio fottermene, voglio dire che la mafia è una montagna di mmerda ”
Dopo 43 anni dalla morte per mano mafiosa dell’attivista antimafia Peppino Impastato, è quantomeno utile fare alcune riflessioni sull’attualità, che oggi vadano al di là della retorica.
Una riflessione riguarda Felicia, la mamma di Peppino. Lei
è stata definita dall’A.N.P.I. “Partigiana
Antimafia”. Così come non ci sarebbe stata liberazione dal nazifascismo
senza il contributo delle donne Partigiane (lo disse Lidia Menapace), non ci
sarà
Una seconda riflessione va fatta a partire dalle battaglie
civili di Peppino: a partire dal suo impegno e partecipazione nel 1967 alla “Marcia per un mondo nuovo” in Sicilia,
Peppino aveva 19 anni quando partecipò. Il sociologo Danilo Dolci concluse
l’iniziativa con le parole: “Il vecchio
mondo è finito, non possiamo non vedere che un nuovo mondo ci occorre…”
Il concetto fu ripreso da altri giovani, 34 anni dopo a
Genova, che hanno gridato in piazza “un
altro mondo è possibile”, ma sappiamo come siano stati anche malmenati e
torturati…
Ed oggi? Oggi la pandemia ci insegna, non solo che questo
altro mondo è possibile, ma è necessario.
Viene da pensare allora a Peppino, al suo impegno politico
nel PSIUP, Democrazia Proletaria, quando organizzava nella sua Cinisi le lotte
contro la disoccupazione, il clientelismo, lo sfruttamento degli edili, dei
contadini espropriati delle loro terre per la costruzione di un assurdo
aeroporto…, in una parola lotte per il riconoscimento di diritti e per la giustizia
sociale; un impegno più che mai necessario oggi, che deve vedere sensibilizzati
ed impegnati i giovani.
Un’altra riflessione deve riguardare il mondo della
scuola, della cultura, dell’arte. Peppino nel suo impegno sociale e civile ha
sempre sostenuto questi campi della vita civile. Celebre è rimasta quella frase
sulla bellezza pronunciata dall’attore che lo interpretava nel film “I cento passi”, probabilmente non è una
frase sua, ma è la sintesi del suo impegno per la salvaguardia dell’integrità del
territorio, bene comune che veniva letteralmente depredato, deturpato,
inquinato dall’appetito delle mafie e delle speculazioni che negli anni
Peppino lo faceva con azioni concrete, con mostre
fotografiche itineranti, passando l’informazione anche attraverso l’uso della
Radio; un elemento questo che può e deve farci riflettere oggi rispetto alla diffusione
e l’uso dei media…
Il suo certamente non era il giornalismo dei “talk show” di oggi, quasi sempre
asservito ed al seguito di questo o quel personaggio. Quello di Peppino era un
giornalismo di “controinformazione”,
sempre alla ricerca della verità: come fu al tempo l’episodio degli omicidi di
Alcamo Marina…
Un Peppino giornalista a cui toccò la stessa sorte di
altri giornalisti “d’inchiesta”: Pippo Fava, Rostagno, Giancarlo Siani, uccisi
dalla mafia, ma insieme un Peppino uomo di cultura, poeta, che amava la satira
e la usava, insieme ai suoi compagni di lotta, per scagliarsi contro il potere
mafioso, da qui la grande attualità della sua figura di intellettuale.
Ecco quello che rimane dopo 43 anni dal suo barbaro
assassinio: cultura, bellezza, verità, giustizia, impegno civile e sociale,
come lascito testamentario irrinunciabile per le generazioni a venire.
Non sapremo mai come sarebbe oggi Peppino, di sicuro è
rimasto un ragazzo trentenne che può parlare ai giovani di oggi delle
ingiustizie di un mondo che da allora è diventato più globale, un mondo che
condanna alla morte per fame e denutrizione centinaia di milioni di esseri
umani, un mondo in cui si producono e si vendono armi a paesi che non
rispettano i diritti umani, forse oggi Peppino ci parlerebbe e si batterebbe
contro tutto questo, con la sua militanza, con il suo impegno civile, ci
parlerebbe e si scaglierebbe contro ogni tipo di sopruso, violenza anche di
genere, di orientamento sessuale, dalla sua Sicilia, terra millenaria di
accoglienza e di incontro tra culture, Peppino sarebbe accanto ai migranti che
approdano li, rivendicherebbe con loro, organizzandoli, come faceva con gli
edili, i contadini ed i disoccupati di allora, dignità, futuro, cittadinanza
alle loro creature che nascono qui…
Di questo mondo nuovo che lui aveva in mente, che tanti
avevano in mente, oggi Peppino ci parlerebbe. Se solo sapessimo ascoltare
quelle parole e coniugare quell’impegno con la politica di oggi, incapace di
guardare in prospettiva, che spesso si occupa dell’effimero e guarda solo da
una parte, tutti insieme potremmo contribuire a costruire questo mondo nuovo.
Eri un fiore di campo, nato dalla terra nera. Questa terra un giorno tornerà splendere e insieme torneremo a cantare “Peppino è vivo e lotta insieme a noi”*