martedì 27 dicembre 2011

Caso Impastato, scoperto un altro depistaggio trent'anni dopo ritrovata la testimone del delitto

I carabinieri avevano detto che la casellante del passaggio a livello era emigrata negli Stati Uniti e irrintracciabile, invece non si era mai allontanata dalla sua casa di Cinisi. L'ha scoperto la Dia dopo la riapertura dell'inchiesta da parte della Procura di Palermo. La donna è stata interrogata questa mattina. I pm indagano sui depistaggi attorno all'omicidio del militante antimafia ucciso nel 1978. Il fratello di Impastato: "I magistrati interroghino il generale Subranni, che aveva il compito di coordinare le indagini sull'omicidio di Peppino"
Peppino in una manifestazione per la pace a Palermo (anni '70)
Prima, scrissero che era emigrata negli Stati Uniti. Poi, che era irrintracciabile. Trent'anni fa, i carabinieri della stazione di Cinisi assicurarono alla magistratura che la testimone chiave del delitto di Peppino Impastato era "irreperibile". E da allora non si è saputo più nulla di lei: Provvidenza Vitale, la casellante del passaggio al livello di Cinisi, sembrava davvero scomparsa nel nulla. E invece non si era mai allontanata da casa sua: l'incredibile scoperta è stata fatta dagli investigatori della Dia di Palermo, coordinati dal colonnello Giuseppe D'Agata, dopo la riapertura del caso Impastato disposta dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dal sostituto Francesco Del Bene.
Ironia della sorte, Provvidenza Vitale non abita neanche tanto distante da quel tratto di ferrovia dove Peppino Impastato fu fatto saltare in aria, la sera del 9 maggio 1978, da un gruppo di sicari di Cosa nostra rimasti senza nome.
Questa mattina, la donna, che ha 85 anni, è stata interrogata a casa sua dal pm Francesco Del Bene. Sembra che non abbia detto molto: "Ho ricordi vaghi di quella sera", ha fatto mettere a verbale. Ma il suo caso è ancora tutto da decifrare: in questi trent'anni non si è certo nascosta, ha avuto sei figli, e uno dei generi fa il carabiniere. Negli Stati Uniti, Provvidenza Vitale è stata due volte, negli anni Novanta, in visita ad alcuni parenti.
Il depistaggio
Ma perché i carabinieri della stazione di Cinisi nascosero alla magistratura quello che poteva essere un testimone chiave? Da oggi questa domanda va ad aggiungersi all'elenco degli interrogativi che i familiari di Peppino e i compagni del Centro Impastato non hanno mai smesso di porre: "Chi depistò e perché le indagini? E' giunto il momento che le istituzioni facciano chiarezza al proprio interno", è l'appello ribadito di recente da Giovanni Impastato, il fratello di Peppino.
La sera stessa dell'omicidio, accaddero cose inquietanti. Un gruppo di carabinieri perquisì la casa di Impastato e portò via l'archivio del giovane militante antimafia, ma non fu stilato alcun verbale. Anni fa, il sostituto procuratore Franca Imbergamo era riuscita a farsi consegnare dall'Arma una copia del materiale sequestrato, ma è solo una minima parte. Su un foglio senza intestazione era stato scritto, nel 1978: "Elenco del materiale sequestrato informalmente a casa di Impastato Giuseppe". Ma il sequestro informale è una formula che ha poco di diritto, quei documenti sono insomma detenuti illegalmente nell'archivio dell'Arma dei carabinieri.
Nei giorni scorsi, il pm Del Bene ha interrogato su quel "sequestro informale" un ex maggiore dei carabinieri, Enrico Frasca, che nel 1978 comandava il nucleo informativo del Gruppo carabinieri Palermo.
Le nuove indagini
La scomparsa dell'archivio è solo uno dei capitoli del depistaggio istituzionale attorno al caso Impastato. In questi trent'anni sono scomparse molto altre prove. E così, solo nel 2002 è arrivata la condanna per il boss Gaetano Badalamenti, ritenuto il mandante del delitto.
Ma perché tante reticenze e omissioni? Forse, il caso Impastato ha segnato l'inizio della trattativa fra mafia e Stato, questa è l'ipotesi che adesso seguono i magistrati di Palermo. Perché già nel 1978 Gaetano Badalamenti era un confidente dell'arma dei carabinieri, l'ha ammesso lui stesso in carcere, a metà degli anni Novanta. E l'uomo che per tanti anni ha raccolto le confidenze del capomafia, il maresciallo Antonino Lombardo, si è sparato un colpo di pistola in testa, il 4 marzo 1995: anche quella sera entrò in azione una squadra di carabinieri, perquisirono in tutta fretta l'abitazione del sottufficiale e portarono via alcuni documenti. Da allora, gli appunti del maresciallo Lombardo sono scomparsi, come ha denunciato più volte suo figlio Fabio. Forse, fra quelle carte c'é la prova che un pezzo dello Stato ha continuato a trattare con un pezzo della mafia, per tentare di arginare gli omicidi e le stragi. Forse, Peppino Impastato l'aveva già scoperto nel 1978: ecco, perché non si doveva scoprire la verità sulla sua morte.
La denuncia
Dice Giovanni Impastato: "Le indagini della Procura di Palermo confermano le nostre denunce di trent'anni fa. Il depistaggio ci fu per davvero. Subito dopo l'omicidio di Peppino, avevamo chiesto che la casellante fosse interrogata. Chi l'ha impedito? Chi non ha voluto indagare? Adesso chiediamo ufficialmente che i magistrati interroghino il generale Antonio Subranni, che nel 1978 era il comandante del reparto operativo dei carabinieri di Palermo, e in tale veste coordinava le indagini sulla morte di mio fratello".

sabato 8 ottobre 2011

La crisi degli asini

Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio.
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.
I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.
Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.
Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.
Il giorno dopo, affidò al suo socio la mandria che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere le bestie 400 € l’una.
Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 €, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.
Come era prevedibile, i due uomini d’affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli.
Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il valore dell’asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.
Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.
Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso), suo caro amico nonché assessore).
Eppure quest’ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio né quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.
Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.
Su consiglio «disinteressato» del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità .. Venne innalzata l’età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate.
Dicevano che era «inevitabile» e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.
Questa triste storia diventa più «gustosa» quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Parliamo dei fratelli Mercato, naturalmente.
Loro hanno, molto generosamente, promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.
Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.
E voi, cosa fareste al posto loro? Che cosa farete?
Se questa storia vi ricorda qualcosa, ritroviamoci tutti nelle strade delle nostre città e dei nostri villaggi Sabato 15 ottobre 2011 (Giornata internazionale degli indignati)
(Se c'è un quadro che – nell'immaginario – sintetizza il riscatto degli operai, dei contadini, la lotta per i diritti di chi lavora, quel dipinto è il “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo)

lunedì 3 ottobre 2011

Antenne di memoria, cultura della resistenza e strumenti di sopravvivenza

Il Comitato Territoriale ARCI L'Aquila, il circolo culturale Querenzia e Gli Artisti Aquilani presentano. Antenne di memoria. Cultura della resistenza e strumenti di sopravvivenza, un progetto per la legalità e la cittadinanza attiva. La manifestazione che vedrà la presenza di Giovanni Impastato, custode di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato e Claudio La Camera coordinatore del Museo della Ndrangheta di Reggio Calabria, è tappa di un ampio percorso che intende trasmettere valori democratici e cultura della legalità come somma di esperienze individuali interattive, guidate dalla storia, dagli eventi, da testimoni eccellenti.
Dal 5 al 9 ottobre a Piazza d'Arti si intrecceranno conferenze, spettacoli, video, storie di mafia e di lotta, di sopraffazione e di memoria. Mercoledì 5 ottobre , alle h 21,00 presso il Circolo Querencia verrà presentato il libro "I Medici della camorra" di Corrado De Rosa, con la partecipazione di Carlo Maria Marchi, pedagogo presso la Casa Circondariale "Le Costarelle" che ospita anche detenuti in regime di 41 bis.
Il 6 ottobre alle h. 16,30 Giovanni Impastato e Claudio La Camera saranno alla Casa dello Studente, per ricordare tutte le giovani vittime del sisma del 6 aprile., ragazze e ragazzi che, venuti a L'Aquila per costruire il loro futuro, vi hanno incontrato la morte. Subito dopo Impastato e La Camera terranno al Circolo Querencia (h. 18,00) una conferenza sul tema "Memoria e conoscenza per combattere le mafie" , a cui interverranno Angelo Venti (responsabile del presidio di Libera a L'Aquila) e Giovanna Maria Iurato, Prefetto dell'Aquila.
Nel corso della conferenza verrà proiettato il documentario "Penombre" di Giusy Utano e Claudio La Camera, in collaborazione con RAI Calabria: una riflessione sulla percezione del senso della legalità e della giustizia all'indomani di importanti operazioni di repressione della attività della 'drangheta in provincia di Reggio Calabria.
E alle h. 21:00 La Casa del Teatro ospiterà lo spettacolo teatrale "Mafie, Sud e resistenza" prodotto dalla Compagnia dei Merli Bianchi in collaborazione con il Museo della ndrangheta, per la regia di Claudio La Camera La pièce, interpretata da Mariangela Berazzi e Margherita Di Marco, racconta esemplari storie di donne e tra queste, quella di Felicia Impastato, madre di Peppino, e quella di Rita Atria, figlia di un boss mafioso e poi testimone di giustizia. Storie identiche di resistenza.
Un inno al coraggio vero, quello fatto di ostinazione, di lotta nel totale isolamento, di forza nella fragilità estrema, di sordità alla rassegnazione. Ancora uno spettacolo, il 7 ottobre, sempre presso la Casa del Teatro: Sete, interpretato da Giulio Votta, per la regia di Emilio Ajovalasit: monologo a due voci sulla figura di Leonardo Vitale, primo pentito di mafia. Leonardo Vitale, assassinato a Palermo il 2 dicembre 1984, è considerato il primo pentito di mafia per motivi di coscienza. La sua confessione e le sue rivelazioni arrivarono infatti nel 1973, periodo in cui non esisteva alcuna legge sui collaboratori di giustizia.
Dalle sue dichiarazioni non ebbe alcun vantaggio, anzi, accusatosi di diversi omicidi e atti criminosi, fu arrestato e successivamente internato in diversi manicomi criminali. Questa piccola rassegna della legalità si chiude domenica 9 ottobre una conferenza spettacolo (alle h. 18,00, Casa del Teatro) a cura della associazione Teatro Atlante di Palermo che, oltre alla ricerca teatrale e alla produzione di spettacoli, conduce da diversi anni laboratori teatrali per bambini e ragazzi nel quartiere Ballarò-Albergheria, uno dei più " a rischio" della città.
Ogni anno questo laboratorio si conclude con una parata-spettacolo che attraversa i vicoli del quartiere. Nel corso della conferenza verrà mostrata e commentata una documentazione video-fotografica di queste attività e sarà possibile assistere a frammenti dello spettacolo "Onora la madre" (con: Preziosa Salatino/ regia: Emilio Ajovalasit) una nuova produzione della compagnia che affronta il rapporto fra donne e mafia.
La storia narrata è quella di Annina, donna del Sud, una donna come tante, una storia come altre che ci mostra il dramma comune a tante donne meridionali: infanzie austere prive di carezze, matrimoni combinati, maternità precoci, vedovanze e lutti da ostentare, sottomissione ai propri mariti, spirito di abnegazione nei confronti della famiglia, rapporto difficile con i figli maschi e infine un sofferto e opprimente "senso dell'onore". Nel corso della manifestazione sono previsti incontri con le scuole e all'interno del progetto è in programma un soggiorno di tre giorni a Cinisi, per il Viaggio della Memoria a casa Badalamenti e percorso dei cento passi. Inoltre Giovanni Impastato e Claudio La Camera incontreranno le scolaresche aquilane per conferenze e dibattiti. La manifestazione vede la collaborazione di Comune e Provincia dell'Aquila, Centro Servizi per il Volontariato della Provincia dell'Aquila e Teatro Stabile d'Abruzzo.

martedì 27 settembre 2011

Dal 27/09 al 4/11, "IV Meeting della Legalità"

I Comuni toscani sono da sempre in prima linea nella promozione della cultura della legalità. Legalità significa affermazione del valore del rispetto delle regole. Dietro una parola che può sembrare a volte astratta, c’è un principio fondamentale di uguaglianza e di democrazia. Senza temere di apparire retorici sottolineare l’importanza di questi valori, apprezzarli, applicarli ed educare i nostri giovani a camminare nel solco della giustizia è fondamentale.
La legalità e la sua garanzia devono essere un impegno trasversale nel lavoro quotidiano delle istituzioni in stretto rapporto con le imprese, le associazioni e i cittadini per affermare con forza questo valore come uno dei principi fondanti della nostra democrazia.
Sono i valori a segnare le piccole e grandi scelte di ogni giorno; per questo contribuire a creare una cultura della legalità è un investimento sul futuro, per una società più equa, più giusta e più solidale.
Consolidando l’esperienza avviata lo scorso anno, il Meeting della legalità promosso dal Comune di Quarrata (PT) con il patrocinio dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Pistoia ed il sostegno di Anci Toscana, vede la partecipazione dei Comuni di Livorno, Monsummano Terme (PT), San Giuliano Terme (PI) e della Cooperativa Incontro di Pistoia con ben 17 iniziative tra cui quella di sabato 8 ottobre 2011 a San Giuliano Terme (PI), dove alle 10,30 è prevista l’inaugurazione piazza Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Zona impianti sportivi e la partita di calcio Nazionale italiana sindaci – Nazionale italiana magistrati.
 
La Locandina con il calendario degli eventi la trovate sul sito di
AVVISO PUBBLICO - Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie:

sabato 24 settembre 2011

Un museo nel casolare di Impastato e 47 disegnatori gli rendono omaggio

di ADRIANA FALSONE
Qui gli assassini di Peppino Impastato, dopo aver eseguito il delitto, misero a punto la messinscena che diede vita poi al depistaggio. Adesso questo casolare diventerà proprietà della Regione che lo destinerà a museo. La proposta dell'assessore all'Economia Gaetano Armao, d'intesa con il Comune di Cinisi, risponde all'appello lanciato attraverso "Repubblica" da Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che aveva denunciato lo stato di degrado in cui si trova la struttura di contrada Feudo, a Cinisi: "Salviamo questo casolare, è tutto ciò che qui attorno conserva l'ultimo respiro di Peppino".
Dopo la pubblicazione dell'articolo, 47 disegnatori di tutta Italia si sono mobilitati e hanno realizzato altrettante tavole dedicate a Peppino e al luogo in cui fu ucciso per sostenere la campagna per la memoria.
"Sono le immagini dentro di noi a mantenere viva la memoria e questi disegni sono i simboli che stanno qui a manifestarlo. Nonostante tutto Peppino non è morto, è qui con noi adesso e potete vederlo con i vostri occhi - spiega Lelio Bonaccorso, promotore della mobilitazione degli artisti.
Sarebbe meraviglioso se a questa iniziativa partecipassero molte altre persone, esprimendo così con forza che "Peppino è vivo e le sue idee non moriranno mai".

Un piccolo casolare di campagna e la sua memoria...

[di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato - Cinisi]
Stretto tra il monte Pecoraro e le piste dell’aeroporto è ancora lì, come se non fossero trascorsi 33 anni. Ancora guarda dalle sue piccole finestrelle gli uccelli d’acciaio che atterrano a Punta Raisi, come dicevano a Radio Aut, e i treni che passano veloci sulla linea ferrata Palermo-Trapani. Non è altro che un piccolo casolare di campagna, sito in contrada Feudo. Prima piccola stalla,  poi destinato ad essere qualcos’altro, teatro di una triste, tragica vicenda. È proprio lì, infatti, che Peppino venne portato la sera dell’8 maggio del 1978 ed è proprio lì, all’interno di uno dei suoi piccoli vani, che venne malmenato pesantemente, preso a sassate, per poi essere trascinato sui binari e fatto saltare in aria, con una carica di esplosivo.
Lì, al suo interno, la mattina del 9 maggio 1978 sono state ritrovate le tracce di sangue e le pietre macchiate consegnate ai carabinieri e poi sparite. E sparsi in quel piccolo angolo di campagna i resti che appartenevano al corpo di Peppino. Ed è lì, sul campo, che proprio quello stesso giorno è iniziato il depistaggio, con l’occultamento delle prove, la riparazione immediata dei binari con il riempimento del cratere dell’esplosione e il fatto che quella piccola struttura venne del tutto ignorata durante gli accertamenti delle forze dell’ordine e la sua esistenza neppure risulta dai verbali redatti dagli agenti intervenuti. Lì, proprio lì, i compagni di Peppino venivano tenuti lontani da un cordone di polizia, mentre i curiosi potevano tranquillamente scorazzare o persino avvicinarsi all’auto di Peppino, aprire la portiera, entrare nell’abitacolo. Ed è lì che il giorno dopo proprio i compagni dovettero tornare, per portare avanti un lavoro traumatico, per raccogliere prove e indizi allo scopo di smontare la tesi dell’attentato terroristico, fotografando ogni minimo dettaglio, trovando altre pietre insanguinate e altri resti di Peppino lì abbandonati, che furono raccolti in miseri sacchetti di plastica. Proprio lì, infine, lungo i binari, fu collocato a testimonianza un cartello che riportava la scritta “Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia qui”.
Prima era una piccola trazzera a condurvici, adesso una stradina costeggiata da villette, comparse come funghi a rompere l’isolamento e il silenzio della campagna. E lo sguardo che non sa se posarsi in lontananza sui versanti della montagna alle spalle o sulle acque del  mare di fronte, si stringe ben presto tristemente su un lucchetto che serra alla recinzione una rete sgangherata in ferro. Certo non fa da protezione, perché impedisce l’accesso solo a chi giunge in quel luogo per portargli omaggio in quanto testimone di un pezzo di storia e teatro di una memoria, mentre lo stesso, chissà come, non accade a chi lì vi reca per altri scopi, per pascolarvi le mucche o scaricare abusivamente rifiuti o materiale di risulta.
A nulla è valso il vincolo posto sulla struttura del casolare nel 2003 dai commissari prefettizi che amministrarono il comune quando la giunta di allora fu sciolta per infiltrazione mafiosa. “Bene di interesse storico-culturale”, così risulta registrato anche nel piano regolatore, ma il terreno circostante resta di proprietà privata.
Ci siamo rivolti alle istituzioni locali per trovare una soluzione e ci hanno dato ascolto dicendoci, però, che non sono disponibili fondi per l’acquisizione del terreno. E così fino ad ora  non siamo riusciti a superare l’ostacolo, abbandonando quel posto all’incuria e noi stessi alla tristezza sconfinata che ci cattura ogni volta che ci rechiamo lì.
Adesso, però, siamo stanchi di aspettare. Vogliamo veder rinascere quel luogo come un giardino della memoria, con un prato verde, installazioni e una targa a ricordo.
Ogni luogo ha una memoria, ma alcuni più degli altri e di questi bisogna avere cura e rispetto,  bisogna lasciare che ogni loro angolo racconti quello che ha vissuto, come quel carrubo posto lateralmente al casolare sotto il quale fu parcheggiata l’auto di Peppino, che continua imperterrito a diramare le sue radici nel terreno.
Presto lanceremo un’iniziativa pubblica per il recupero del casolare, ma vogliamo che diventi un’occasione di mobilitazione collettiva, di tutti coloro che conservano una forte sensibilità riguardo la memoria di chi ha lottato in difesa dei diritti di tutti e del nostro territorio, senza alcuna forma di strumentalizzazione o appropriazione. Speriamo nel sostegno di tanti.
[di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato - Cinisi]

martedì 20 settembre 2011

Collegno (TO) dedica i giardini a Peppino Impastato

 [acmos.net]
La città di Collegno ha deciso di dedicare dei giardini  di via De Amicis a Peppino Impasatato, l'inaugurazione è avvenuta nel pomeriggio di venerdi e ha visto la partecipazione delle istituzioni, di diverse associazioni del territorio e della cittadinanza.
Il sindaco Silvana Accossato, in apertura, sottolinea come sia un segnale forte dedicare dei giardini, un luogo d'incontro e di dialogo, ad una figura importante come quella di Peppino, la cui storia, per troppo tempo oscurata e offuscata, dimostra l'importanza della comunicazione e della denuncia. Segue l'intervento del presidente di Casa Sicilia, Serafino Gianni Sanfilippo, che racconta come la sua associazione abbia fatto dipingere delle orme che collegano l'ingresso del giardino al monumento dedicato a Peppino, a rappresentare i 100 passi, che questa volta non deve più fare da solo: la lotta alle mafie deve diventare sempre più una battaglia comune. Prende quindi la parola Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte che, prendendo spunto dall'operazione Minotauro e dalle evidenze emerse che segnalano il potere della mafia anche sui nostri territori, attraverso corruzioni, collusioni e rapporti con la politica. Chi appartiene alle Istituzioni non può permettersi simili sottovalutazioni. La 'ndrangheta in Piemonte esiste da anni. Il tempo della sottovalutazione è ampiamente scaduto. afferma che la figura di Impastato è un esempio importante per l'associazione che lei rappresenta per tre motivi. Innanzitutto egli, seppur cresciuto in una famiglia mafiosa, decide di lottare in prima linea contro la criminalità organizzata, dimostrando che la cultura si può cambiare. In secondo luogo Peppino fa una scelta precisa:utilizza come armi la cultura e il bello, la sua battaglia è fatta anche di trasmissioni radiofoniche e poesie. Infine quella di Impastato è una lotta a 360°, il suo impegno parte dalla radio, ma arriva anche alla politica, ed è proprio in quel momento che viene ucciso.
Dopo Libera è la volta di Luciana Penna, la scultrice che ha realizzato il monumento dedicato a Peppino, posto al centro del giardino. L'artista spiega il significato dell'opera: la statua rappresenta una figura di profilo che tiene un microfono in mano da cui si diffonde la voce, rappresentata da dei cerchi. Con l'altra mano l'uomo alza un coperchio che svela una piovra, che sta stritolando un uomo. La Penna racconta della sua scelta di raffigurare la vita e la forza della battaglia e della denuncia.
Dopo la lettura della targa e lo scoprimento del monumento, ci si sposta al centro civico Giuseppe Dozzo, dove Diego Sarno,per Avviso Pubblico, sottolinea come le amministrazioni abbiano il compito di tenere alta l'attenzione sul rischio di infiltrazioni mafiose. Dopo di lui il Travelgec di Acmos e l'associazione Il laboratorio di Calvino, leggono alcune poesie dedicate a Peppino e ricordano la figura di Mauro de Mauro, di cui in quella data, ricorre l'anniversario della scomparsa. In conclusione viene proiettato il film documentario di Antonio Bellia, "Nel cuore delle alghe e dei coralli- i 100 passi di Peppino Impastato".
Momenti come questi, dimostrano l'importanza della memoria oltre che la possibile unione tra le amministrazioni e le associazioni nell'impegno condiviso contro le mafie, ognuno con i propri mezzi e le proprie competenze.

"Lunga è la notte e senza tempo..."

La notte di Peppino è lunga e triste, la pioggia è come lacrime che appannano la vista, in attesa di un riscatto che, a Cinisi, forse non arriverà mai.
Peppino aveva un modo di fare poesia passionale, ermetico e improvvisato come l'autentica passione politica, del resto.
Mai, purtroppo, in questi 33 anni le sue parole ed il suo pensiero hanno smesso di esssere attuali…
E’ di questi giorni il tentativo dichiarato di perpetuare la notte sull'Italia tutta, facendo calare un immenso bavaglio sulle redazioni di qualsiasi mezzo di informazione e di accecare la pubblica opinione, affinchè nulla veda e nulla sappia sul degrado politico, etico e sociale che ha ormai ridotto ad una sorta di fogna a cielo aperto, questo paese.
E’ in questo clima di degrado che qualche giorno fa si è levato l’appello di Giovanni, fratello di Peppino e di Radio 100 Passi: “Salviamo il casolare e tutto ciò che conserva l'ultimo respiro di Peppino…”, dopo la constatazione dello stato di degrado del casolare in località “Feudo” a Cinisi, dove 33 anni fa, fu ucciso il fratello.
All’appello lanciato da Radio 100 Passi (*leggi) e dalle pagine del quotidiano La Repubblica (*leggi) da parte di Giovanni Impastato e dell’Associazione Casa memoria di Cinisi (*leggi comunicato), è seguito un “tam-tam” sul web provocando in poche ore prese di posizione autorevoli: On. Sonia Alfano (*leggi) ed iniziative di mobilitazione da parte di associazioni, partiti, giornalisti e semplici cittadini, volte a sensibilizzare il Sindaco e l’Amministrazione comunale di Cinisi ad intervenire, attivandosi subito, per restituire la dignità già violata, al luogo dove Peppino fu assassinato dai sicari di Tano Badalamenti.
Singolare e spero efficace, l’iniziativa di Giulio Cavalli (attore, scrittore, regista, Consigliere Regionale Lombardia), che in queste ore dal suo “blog” ha lanciato l’iniziativa: Pulite la memoria di Peppino Impastato! Ci metto la firma, una raccolta firme “on line” per « inviare una mail (tecnicamente: mailbombing) al sindaco di Cinisi ed esprimere il nostro sdegno…» 
Un Paese civile non può lasciare marcire i luoghi della memoria dei propri uomini lasciati soli già una volta.
Bisogna fare qualcosa tutti e subito perché questa “lunga notte senza tempo” italiana, non diventi infinita…


Petizione “on-line” di Giulio Cavalli:

lunedì 19 settembre 2011

Taranto intitola una via a Peppino Impastato

Taranto, 16/9/2011, quartiere Paolo VI, a ridosso dell’acciaieria ILVA alle spalle della sede della Corte d’Appello del Tribunale, é stata inaugurata una via che il Comune ha voluto intestare a Peppino Impastato.
Questa è solo l’ultima, in ordine di tempo, delle tante risposte che sono state date in tutta Italia al sindaco leghista di Ponteranica, un comune in provincia di Bergamo  che,  nel settembre del 2009, aveva deciso di togliere l’intitolazione della biblioteca comunale ad uno dei personaggi simbolo dell’antimafia.
A Taranto, per l’occasione, si è recato Giovanni Impastato, fratello di Peppino. Giovanni, insieme ad Augusto Rocchi, responsabile dell’economia nella segreteria del Partito della Rifondazione Comunista, ha partecipato alla Festa di Liberazione, organizzata dal circolo di Rifondazione Comunista “Peppino Impastato”.
Tutto ciò nelle stesse ore in cui si stanno moltiplicando le iniziative, di Casa Memoria di Cinisi, della famiglia, di Radio100 Passi, di semplici cittadini, del web ecc., volte a sensiblizzare il Sindaco e gli Amministratori del Comune di Cinisi ad attivarsi per restituire la dignità già violata, al luogo dove fu assassinato Peppino Impastato 33 anni fa, dopo il grido lanciato nei giorni scorsi da Giovanni, fratello di Peppino, nel vedere dimenticato ed oltraggiato un importante luogo di memoria come il casolare il località “Feudo” a Cinisi.

sabato 17 settembre 2011

Il luogo della memoria dimenticato

 (di Danilo Sulis)
Il casolare dove venne assassinato Peppino Impastato versa in condizioni pietose. Il proprietario, un benestante di Cinisi, lo lascia nel degrado più assoluto. Per questo la famiglia Impastato tempo fa aveva chiesto di poterlo acquistare ma la richiesta fu esosa e fuori da ogni valutazione anche di mercato.
Successivamente il commissario dello stato lo dichiarò luogo di memoria ponendovi il vincolo. Il passo successivo avrebbe dovuto essere l’esproprio, ma l’attuale amministrazione comunale non avvia la procedura. Ora pare che il Sindaco, “per accelerare il percorso”, voglia acquisire il bene non con l’esproprio, ma con l’acquisto.
In paese qualche maligno sostiene che sia un modo per favorire il proprietario, ed in ogni caso nell’attesa, per non far partire la giusta pratica d’esproprio.
Siamo stati sul luogo che oltre ad essere diventata una discarica, è anche sommerso da sterco, segno che, alla faccia della memoria, il luogo non è solo abbandonato, ma viene addirittura utilizzato in maniera irriguardosa  e dispregiativa; gli stessi vicini lamentano la vergogna.
Radio 100 passi intende lanciare una campagna per l’acquisizione del luogo alla collettività per farlo diventare il giardino della memoria.

venerdì 16 settembre 2011

16 Settembre 1982, Sabra e Chatila – Un massacro impunito

Sono le 17 quando le truppe falangiste cristiane libanesi entrano nel campo profughi palestinesi di Sabra e Chatila, in un’area controllata da truppe israeliane e compiono indisturbate un massacro. In 40 ore vengono distrutte centinaia di abitazioni ed uccisi circa 3000 profughi – UN GENOCIDIO del nostro tempo per il quale nessuno è mai stato condannato né tantomeno inquisito.
Tra il 16 ed il 18 settembre 1982, il popolo di Palestina ed il mondo intero, furono colpiti da un orrendo crimine: a Sabra e Chatila, abitavano migliaia di rifugiati palestinesi cacciati dalla Palestina nel 1948 durante l’occupazione Sionista delle loro case e delle loro terre, li furono circondati e rinchiusi durante l’aggressione Sionista e l’occupazione di Beirut.
Le forze Sioniste, sotto il comando di Ariel Sharon, prima ministro della difesa, poi primo ministro dello Stato Sionista, hanno accerchiato i campi ormai svuotati dai combattenti della resistenza e abitati soprattutto da donne e bambini palestinesi e libanesi, ordinando l’entrata a Sabra e Chatila delle Forze libanesi, una milizia di falangisti di destra con stretti legami con gli occupanti Sionisti e l’Esercito del Libano del Sud, l’esercito manovrato dell’entità Sionista in Libano.
Per i due giorni che sono seguiti, aiutati dall’illuminazione dei razzi notturni e da altri appoggi dell’esercito Sionista che circondava i campi, queste milizie hanno torturato, stuprato ed assassinato migliaia di rifugiati palestinesi, con la piena approvazione ed appoggio degli invasori Sionisti.
Il sangue di migliaia di rifugiati palestinesi dei campi di Sabra e Chatila è rimasto impresso sulle mani di Ariel Sharon, nel brutale massacro di un popolo, che tutt’oggi continua.
Per i più giovani è bene ricordare che le radici del massacro di Sabra e Chatila sono da ricercare nel 1948 e nell’espropriazione ed espulsione di centinaia di migliaia di Palestinesi durante la colonizzazione Sionista e l’occupazione di quella terra, della loro terra.
I Palestinesi furono costretti a riparare in campi profughi sparsi in tutta la nazione Araba, gli furono negati i loro diritti e la loro identità, furono le vittime designate dello sterminio di una Nazione.
Dal 1948, i Palestinesi sono stati dappertutto oggetto di attacchi alle loro vite, ai loro diritti e vivono sotto costanti e barbare aggressioni; i crimini di guerra ed il massacro di Sabra e Chatila è solo uno dei più terribili esempi. 
I massacri non sono finiti il 18 settembre 1982, non si sono mai fermati e continuano tutt’oggi.
I crimini continueranno fino a che non verrà realizzata la vera giustizia e la liberazione per tutti i rifugiati palestinesi con il riconoscimento del diritto a ritornare nelle proprie case e terre e finché non verranno realizzati i diritti alla liberazione nazionale, alla sovranità e all’autodeterminazione: tutti concetti compresi nella dichiarazione dei diritti dell’uomo, universalmente riconosciuta…
L’unica difesa per i rifugiati palestinesi è l’esercizio del loro fondamentale diritto al ritorno. Le migliaia di assassinati nei campi di Sabra e Chatila sono morti lottando per quel diritto. Un diritto che ancora oggi è vitale e fondamentale per i Palestinesi .
E’ bene non dimenticare che i crimini del Sionismo, in quanto progetto di insediamento coloniale, fanno parte dei crimini commessi dall’imperialismo degli Stati Uniti nella nazione Araba ed in tutto il mondo; anche l’invasione Sionista del Libano ebbe la piena approvazione ed  appoggio degli USA; ancora oggi, non è un segreto, l’entità Sionista riceve miliardi di dollari ed armamenti ogni anno dal governo degli USA per continuare la sua aggressione furiosa contro il popolo Palestinese e che si consuma quotidianamente anche con il silenzio di tutte le nazioni che hanno lottato per ottenere gli stessi diritti fondamentali…

giovedì 15 settembre 2011

« …io sono venuto qui per aiutare la gente per bene a camminare a testa alta…»

Sono parole di Don Pino Puglisi e credo che se Cristo fosse stato suo contemporaneo, nel quartiere Brancaccio di Palermo, non avrebbe fatto o detto una cosa tanto diversa…
La storia di Don Pino Puglisi è quella della Chiesa migliore, quella fatta di parroci che svolgono un ruolo fondamentale in un contesto sociale come quello di Brancaccio e di tanti altri luoghi in cui la criminalità ha sempre avuto una fortissima influenza su tutto; è la dimostrazione che la mafia ha paura di chi diffonde la cultura antimafia assumendosi la responsabilità di proteggere i bambini ed i ragazzi, senza nascondersi o tirarsi indietro mai, nemmeno di fronte alla certezza di essere eliminati.
« Me l'aspettavo ». Furono le ultime parole pronunciate dal parrocco di Brancaccio 18 anni fa davanti alla pistola impugnata dal suo assassino Giuseppe Grigoli, quel giorno compiva 56 anni.
Queste parole proprio a rimarcare (qualora ce ne fosse stato ancora bisogno), la sua consapevolezza di essere il primo bersaglio dopo Falcone e Borsellino per via della sua posizione contro la mafia che non è riuscita, con il suo assassinio, né a fermarlo né a cancellarlo dalla memoria delle persone.
Nel gennaio 1993 aveva aperto il centro "Padre Nostro", diventato in breve tempo punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. La sua attività pastorale - come è stato ricostruito anche dalle inchieste giudiziarie - ha costituito il movente dell'omicidio.
I killer erano dunque attesi dal sacerdote che era consapevole del pericolo al quale si era esposto con la sua azione di recupero dei giovani del quartiere sottratti al dominio del clan dei Graviano.
Gli esecutori e i mandanti mafiosi, legati alla cosca mafiosa di Filippo e Giuseppe Graviano, sono stati condannati con sentenze definitive: ergastolo per i Graviano, Gaspare Spatuzza (che spalleggiava il killer e poi ha raccontato i retroscena del delitto), Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone.
Oltre a Spatuzza anche Grigoli è diventato collaboratore giustizia: la sua scelta, che ha preceduto quella di Spatuzza, gli è valsa una condanna a 16 anni.
Nel 1999 il cardinale Salvatore De Giorgi ha aperto la causa di beatificazione proclamando padre Puglisi "servo di Dio". La prima fase del processo si è conclusa nel 2001; da allora il fascicolo è all'esame della Congregazione per le cause dei santi in Vaticano.A_testa_alta
La sua storia è raccontata nel film di denuncia sociale “Alla luce del sole” del 2005 diretto da Roberto Faenza, dove il ruolo di Don Pino è interpretato da Luca Zingaretti e con il libro “A testa alta” scritto nel 2003 da Banca Stancanelli.
Perché continuare allora a parlare di Don Puglisi, in fondo la sua opera è stata raccontata, assassini e mandanti sono stati assicurati alla giustizia…. Sicuramente perché è una necessità: dal suo insegnamento emerge una ineguagliabile lezione d'amore per la giustizia e la non violenza, insieme a un forte messaggio pedagogico. Don Pino è stato ucciso perché la mafia non poteva tollerare l’amore e l’impegno con cui egli si dedicava a sottrarre i giovani alla strada, alla malavita e farlo a Brancaccio per loro rappresentava “un cazzotto nello stomaco”…
La testimonianza che Salvatore Grigoli, l’assassino di don Puglisi, ha reso pubblicamente dopo essersi convertito, conferma che, per estirpare la mafia non basta il coraggio delle forze dell’ordine dei politici e dei magistrati onesti… La forza per sconfiggere la mafia è l’impegno civile, sociale, l’amore per se stessi, per la propria gente, per la propria terra, che può e deve trasformare le coscienze, cambiare la mentalità, la cultura e la vita.
Palermo ricorda Don Puglisi nel 18° anniversario del suo assassinio il 14 Settembre con una fiaccolata a Brancaccio promossa dalla parrocchia San Gaetano; il 15 Settembre In mattinata sarà proiettato il film "Alla luce del Sole" nella casa circondariale "Pagliarelli" alla presenza del regista Roberto Faenza, alle 18 in cattedrale il cardinale Salvatore De Giorgi presiederà una solenne celebrazione eucaristica e alle 21 andrà in scena un concerto dell'orchestra sinfonica siciliana che eseguirà un brano teatrale su padre Puglisi di Salvo Piparo.

sabato 10 settembre 2011

Quale 11 settembre….

Non lo ricordo, non potrei ricordarlo, quel terribile 11 settembre di 38 anni fa, avevo solo 9 anni…
Ricordo però un manifesto in bianco e nero alla Radio, l’immagine e la frase e di un uomo coraggioso: «Sono pronto a resistere con ogni mezzo, anche a costo della vita, in modo che ciò possa costituire una lezione nella storia ignominiosa di coloro che hanno la forza ma non la ragione…» - Salvador Allende
1970 - La coalizione di sinistra Unidad Popular (che raggruppa Partito Socialista, Partito Radicale, Partito Comunista e Movimento de Acciòn Popular Unitario con l'appoggio esterno di tutti i sindacati) vince le elezioni in Cile.
Il candidato si chiama Salvador Allende Gossens, prende più voti di tutti e il Congresso Nazionale ratifica la sua elezione a presidente.
E' il primo candidato marxista ad essere eletto democraticamente in un paese del Sudamerica, un fatto incontrovertibile. Per il momento Nixon non può farci niente.
La posizione degli Stati Uniti in merito allo svolgersi della legislatura di Unidad Popular, viene ben espressa dal segretario di stato Henry Kissinger durante le elezioni: "L'irresponsabilità di un popolo scellerato che pone le basi per il socialismo, non deve essere tollerata. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati soli a decidere....".
E' solo questione di tempo, se Allende vuole modificare fattivamente la situazione del paese deve fare in fretta.
Allende riesce in breve a farsi amare dal popolo e odiare da tutti quegli imprenditori, stranieri e cileni, i cui interessi vengono fortemente minati dalle sue politiche. Nazionalizzazione delle miniere di rame, delle principali industrie e dei latifondi di proprietà straniera, riforma agraria, sospensione del pagamento del debito estero, tassa sulle plusvalenze e aumento dei salari di base.
Il 1973 è l'anno della fine. Il prolungato sciopero dei camioneros, foraggiati dalla CIA, e diversi tentativi di colpo di stato mettono il governo in ginocchio. Il tentativo del presidente è di placare il malcontento dei militari con diversi rimpasti che li includano nel governo.
L' 11 settembre un golpe militare appoggiato da Stati Uniti, esponenti di ceti elevati, vertici della Chiesa cattolica cilena, rovesciò il governo legittimo di Allende.
Il golpe, guidato da Augusto Pinochet, appena nominato generale dallo stesso Allende, pose fine alla via cilena per il socialismo e alla speranza che una rivoluzione potesse ancora darsi per mezzo delle istituzioni dello Stato.
Pinochet governò il Paese da dittatore dall'11 settembre 1973 fino all'11 marzo 1990; durante la sua dittatura militare venne attuata una forte repressione dell'op-posizione, ritenuta un vero “democidio”.
 La tortura contro i dissidenti era pratica comune. I dissidenti assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano definiti "desapparecidos” (scomparsi). Non si sa esattamente quanta gente sia stata uccisa dalle forze del governo e dei militari durante i diciassette anni che rimase al potere ma la “Commissione Rettig”, voluta dal governo democratico succeduto alla dittatura, elencò ufficialmente 2.095 morti e 1.102 "scomparsi".
L'ultimo computo aggiornato, presentato nell'agosto 2011 da una commissione incaricata dal governo, porta il numero totale delle vittime a 40.018 di cui circa 3000 oppositori politici e 130.000 arrestati in maniera arbitraria. Tra le vittime, ucciso nello Estadio Nacional de Chile insieme a molti altri, anche il regista e cantante Víctor Jara, senza contare le decine di migliaia di cileni lasciarono il Paese per sfuggire al regime.
Pinochet lasciò ufficialmente il potere solo nel 1990, rimanendo però capo delle forze armate fino al 1998. Divenne poi senatore a vita, godendo dell'immunità parlamentare.

I rapporti con il Vaticano 

Papa Giovanni Paolo II visitò il Cile nell'aprile 1987 e incontrò Pinochet. A volere fortemente quel viaggio l'allora nunzio apostolico nel Paese sudamericano Angelo Sodano.

Polemiche in tutto il mondo ci furono per l'affacciarsi giulivo del Papa al balcone del Palazzo della Moneda con il generale sanguinario e la benedizione impartita, nel cortile interno dello stesso palazzo ai funzionari del suo governo.
Il 18 febbraio del 1993 giunsero a Pinochet due lettere di auguri da parte del papa Wojtyła e del Segretario di Stato Angelo Sodano in occasione della ricorrenza delle sue nozze d'oro.
Nell'ottobre del 1998, mentre si trovava a Londra, Pinochet fu arrestato su mandato del governo spagnolo, per crimini contro l'umanità, per la sparizione di cittadini iberici; la magistratura spagnola indagava sul ruolo di Pinochet nella Operazione Condor, il piano concordato negli anni settanta tra le dittature latinoamericane e gli Stati Uniti d'America per reprimere le derive progressiste del continente.
Pinochet non fu però mai condannato per motivi di salute: rientrò in Cile, dove riuscì ad evitare i processi e dove morì nel 2006.


link fonti:
Video: “Ellas danzan solas” di Sting
Video: “Il giorno del Falco” di Pippo Pollina
Video: “Salvador” dei Nomadi

mercoledì 7 settembre 2011

Un treno di donne per salvare la nostra Costituzione

La proposta di modifica dell'articolo 1 della Costituzione presentata da un semisconosciuto deputato pidiellino è qualcosa di più di una proposta ad personam.
Una trovata tutta berlusconiana; la tecnica è sempre la stessa: quella dei “peones anonimi” che vengono mandati avanti in solitario per proporre le leggi ad personam… se poi va male….(reazione forte) beh, perché prendersela tanto, rimane pur sempre la proposta di uno sconosciuto “peone”.
Era il mese di aprile di quest’anno, lo sconosciuto di turno: il Deputato Remigio Ceroni; mission: nuova proposta Pdl anti toghe, Consulta e Quirinale, presentata il 18 aprile sotto forma di proposta di legge per riformare l’articolo 1 della Costituzione: la proposta, ribadendo la centralità del Parlamento, mette infatti all'angolo Capo dello Stato e Consulta.
La tecnica “dei peones” non dovrebbe esservi del tutto sconosciuta, l’esecutivo ne ha fatto spesso uso, è dai tempi della prima legge sulla riduzione dei tempi di prescrizione che le cose, vanno avanti così.
Ad inaugurare la stagione fu Melchiorre Cirami. Presentò una legge su quello che poi gergalmente fu chiamato “legittimo sospetto e rimessione del processo”, per consentire una più agevole ricusazione di un collegio giudicante nel caso di “forte turbativa” al sereno svolgimento del procedimento. Il buon Melchiorre, insomma, fu il primo che ci mise la faccia. Poi arrivò Edmondo Cirielli, che mise su un bel papocchio per cambiare il codice penale là dove si parlava sempre di prescrizione, inventandosi un meccanismo per diminuire i termini di prescrizione ed aumentare le pene per i recidivi e per i delitti di associazione mafiosa e usura. Finì in un tale vortice di critiche che, alla fine, decise di ritirare la firma dalla legge che, comunque, fu puntualmente approvata e passata alla storia con il nome di “ex Cirielli” perché Edmondo decise di togliere la firma.
Alla Camera, il più profilico presentatore di leggi pro Silvio è Luigi Vitali del Pdl. A lui si deve la presentazione prima della prescrizione breve, poi diventata parte integrante del processo breve e da poco approvata…, è stato sempre lui a firmare una vera perla nell’immaginario delle leggi personali berlusconiane: l’ingiusta intercettazione, una misura stra-punitiva per i magistrati (e per i giornalisti) palesemente incostituzionale, ma capace di diventare emendamento ad hoc all’interno della legge sulle intercettazioni… beh l’elenco sarebbe lungo, esattamente come quello delle “leggi ad personam”…
Ed ora tocca alla Costituzione. Nessuno si era ancora spinto al punto di chiedere la modifica della prima parte della nostra Costituzione, peones o no questo rappresenta un campanello d'allarme da non sottovalutare!
L'idea del Treno delle donne per la Costituzione alla volta di Roma per presidiare il Parlamento a difesa della Costituzione, è nata dopo l'annunciata modifica dell'art. 1 della Carta costituzionale, dal confronto tra le donne della Rete delle Donne Siciliane Per la Rivoluzione Gentile, che ne è la Promotrice.
Gli Italiani hanno già bocciato a maggioranza con il Referendum del 2006 le scellerate riforme volute dal precedente esecutivo di destra e non si può far finta che ciò non sia successo e tornare allegramente a stravolgerla!
Il treno delle donne attraverserà l’Italia partendo da Nord (Milano) e da Sud (Palermo)


L'evento avrà un prosieguo, con la partecipazione alla marcia per la Pace Perugia-Assisi del 25 settembre 2011