giovedì 22 dicembre 2016

"...fermo come un albero, libero come un uomo " - Chico Mendes


“ …fermo come un albero, libero come un uomo ” – Chico Mendes


Il ricordo della sua esistenza è legato indissolubilmente alla lotta per il diritto alla terra ed alla dignità dei “siringueiros”, (termine di origine portoghese che indica gli operai che estraggono il lattice per la fabbricazione della gomma naturale in Amazzonia), quando un piano governativo di “sviluppo” per l’Amazzonia, ha di fatto permesso lo sfruttamento indiscriminato di terre e popolazioni, attraendo costruttori, allevatori di bestiame, compagnie di legname e nuovi coloni: non parliamo del 18° secolo né del sevaggio west, la storia è degli anni ’70…
In condizioni veramente difficili di sottosviluppo e di sfruttamento legalizzato, contro grandi interessi economici perseguiti da gente senza scrupoli, Chico Mendes organizzò un sindacato di lavoratori rurali per difendersi dalle violente intimidazioni e dalle occupazioni della terra praticati dai nuovi arrivati che stavano distruggendo la foresta e quindi togliendo ai lavoratori rurali i loro mezzi di sostentamento.
Organizzò una vera e propria resistenza non-violenta con numerosi gruppi di lavoratori rurali che formavano dei “blocchi umani” intorno alle aree di foresta minacciate di distruzione.
Azioni di contrasto che se da un lato salvarono ettari di foresta, dall’altro suscitarono la collera dei costruttori senza scrupoli, soliti risolvere gli “intoppi” sia grazie a politicanti corrotti, sia assoldando pistoleri per eliminare gli “ostacoli umani”.
E’ di questo periodo la nascita delle cosiddette “riserve estrattive”, dove i “Siringueros” hanno potuto continuare a raccogliere e lavorare il lattice di gomma e a raccogliere frutti, noci e fibre vegetali.
L'interesse internazionale si concentro' su Mendes come difensore della foresta, ma il suo ruolo come leader lo fece anche diventare l'obiettivo degli oppositori frustrati ed infuriati.
A Chico costò la vita l’essersi attivato per far divenire il suo paese natale, il Serigal Cachoeira, una riserva estrattiva, sfidando il proprietario terriero ed allevatore locale, Darly Alves da Silva, che reclamava la proprieta' della terra; Chico venne ucciso il 22 dicembre 1988.
Per almeno due anni, ci furono diverse speculazioni sugli assassini; nonostante fossero ben noti, furono considerati fuori dalla portata legale per le loro connessioni con influenti proprietari terrieri e figure ufficiali corrotte della regione - un compromesso comune nelle terre di frontiera del Brasile.
Forti pressioni nazionali ed internazionali riuscirono tuttavia a far arrivare il caso in tribunale. Nel dicembre del 1990, Darly Alves da Silva ricevette una condanna a 19 anni di prigione per essere stato il mandante dell'omicidio; suo figlio, Darci, ricevette la stessa condanna per esserne stato l'esecutore materiale.
Ma quando i media spostarono i loro riflettori, gli omicidi continuarono. Dagli ultimi anni del '70, di centinaia di omicidi di leaders sindacali e protestanti per i diritti della terra, l'unico che fu investigato completamente e che ha portato ad una condanna fu quello di Chico Mendes.
La condanna a Darly Alves da Silva fu annullata nel febbraio del 1992 dalla Corte d’Appello di Rio Branco….
“… fermo come un albero, libero come un uomo”, Chico a me piace ricordarlo come nella canzone che gli ha dedicato il Cantautore Mario Lavezzi:con un sorriso sempre luminoso, di chi è nato Siringuero, di chi muore e resta fiducioso che qualcosa cambierà…


Per la gloria
il video di una canzone di Mario Lavezzi con Gianni Bella, Mango, Raf e Riccardo Cocciante
dedicata al Sindacalista Sudamericano

se non riesci a vedere il video fai clic qui



giovedì 28 luglio 2016

Palermo, Via D'Amelio 19 luglio 1992

Palermo, Via D’Amelio 19 Luglio 1992
 
L'hanno chiamata, giustamente, guerra di Mafia. Sarebbe più esatto definirla guerra civile di Mafia, quella che ha opposto, a partire dagli anni '60, le varie cosche agli apparati di uno Stato il quale era stato (ed è) inquinato fino ai più alti livelli dalle collusioni e dagli intrecci politici e finanziari.
Una guerra civile, forse, in stand by, perlomeno nelle modalità in cui si è espressa per tutti gli anni'80 ed agli inizi degli anni '90.
Una guerra civile che ha fatto centinaia e centinaia di vittime, è bene ricordarlo, compresi tutti i servitori di uno Stato che non si è certo fatto alcun problema nel mandarli al macello, fossero semplici carabinieri o poliziotti, oppure semplici cittadini coraggiosi, o sindacalisti, uomini politici, magistrati. Il 23 maggio e il 19 luglio di quel tragico 1992 la guerra civile di Mafia segnò i più terribili punti con le stragi di Capaci e di via d'Amelio, nelle quali rimasero uccisi due dei principali protagonisti della lotta contro il potere mafioso: i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
In quei giorni più niente sembrò poter contrastare il potere e la guerra della Mafia in Italia. Questa splendida canzone di Pippo Pollina ce lo vuole ricordare, e la accogliamo doverosamente tra le Canzoni contro la Guerra.....

Il vento si dileguava in un girotondo di foglie,
l'asfalto era una lama di sole, lucido come un presagio nero.
Era l'ora del riposo, invero...
La città si truccava allo specchio, chi brindava alla gioventù,
chi senza saperlo era già vecchio, chi guardava alla tivù
la tavola di Ginevra e del Re Artù...

Io e la mia compagna più cara lisciavamo il pelo alla storia
giocandoci a dadi la memoria.
Io e la mia ammirevole amica
sul carro della nostalgia
trionfale come la vita
beffarda come la vita...

Tobia il canarino giallo sopravvissuto ai nubifragi,
come migliaia di disperati celebrava il ritorno dei Re Magi,
sulla terrazza assolata
dormi Panormo amata.

Altri cercavano l'oro per nascondere la paura,
chi sapeva attendeva in silenzio il botto dell'ultima congiura
e dell'ultima ora
l'ultima avventura

Poi d'improvviso una nube, come un lampo di finestrino,
esplose in un rombo di tuono e furono bucce di mattino.
Noi non conosciamo Italie e non vogliamo più vedere
la lunga coda di paglia degli schiavi del potere.

I messaggeri dell'indignazione arrivarono quasi subito
a cavallo delle cineprese per non sporcarsi i pantaloni,
invocando nomi e cognomi, cognomi e nomi
passò qualche cane a pisciare sui resti delle macerie,
le signore della televisione andarono in fretta dal parrucchiere
ad aggiustarsi il grugno e le rughe del sedere.

E sbocciarono fiori tristi sui prati muti della speranza,
vennero frotte di turisti a cercare la morte in vacanza.
Quel giorno scomparvero in tanti sulle ali della rivolta
quel giorno volaron le rondini per l'ultima volta.

Io e la mia compagna più cara cercavamo nell'ombra il cammino
che conduce dove regna il silenzio, il gioco della vita e del destino.

 


venerdì 3 giugno 2016

Il reato di depistaggio nel nostro ordinamento

Il reato di depistaggio nel nostro ordinamento

Nonostante la storia d’Italia sia stata insanguinata da numerose stragi, ad oggi non esiste nell’ordinamento repubblicano il reato proprio di depistaggio per colpire quei poteri che hanno fatto e fanno delle omissioni, dell’occultamento, della distruzione di prove uno strumento chiave per nascondere la verità.
Il 26 maggio il Senato ha approvato con modifiche, il “ddl” che introduce nel codice penale il reato di “frode in processo penale e depistaggio” che prevede pene detentive fino a 12 anni per i pubblici ufficiali qualora venga commesso nel corso delle indagini per i reati di associazione mafiosa, sovversiva, terroristica, attentato contro il Presidente della Repubblica, strage, scambio politico-mafioso, insurrezione armata, banda armata, traffico di armi ed altri delitti.
Un ddl atteso da anni dalle associazioni dei familiari delle vittime di mafia, delle stragi, che rimanda ad alcuni snodi cruciali della storia recente italiana: dalla vicenda di Piazza Fontana a all'attentato alla stazione di Bologna, dalle stragi mafiose al caso Moro, a Ustica.
Fino ad oggi, alle diverse condotte di depistaggio - inqualificabili per gravità politica e morale - non hanno mai corrisposto sanzioni adeguate, limitandosi l’ordinamento a prevedere per casi simili i reati di falsa testimonianza, omissione o soppressione di atti d’ufficio, senza evidenziare le conseguenze che tali condotte hanno, sul piano penale e della verità.
Questa sembra sia la volta buona: il Decreto torna ora alla Camera per il “si” definitivo, che inasprisce anche le pene per fattispecie già previste, dovrebbe arrivare entro l’estate, secondo le previsioni dei parlamentari proponenti.
La nuova fattispecie di reato punirà il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che “al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato…afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.
Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è aumentata da un terzo alla metà.” [ il testo è consultabile su http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00976361.pdf ]
Nello stesso testo dopo “il bastone”, “la carota”: la pena è diminuita dalla metà fino ai 2/3 nei confronti di colui che "si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori – ovvero per chi aiuta – concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto dell'inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori".
Non solo, la norma prevede anche “un giro di vite” che, alla luce di fatti delittuosi di questo tipo rimasti impuniti riferiti a personaggi tristemente noti, necessitava nel nostro ordinamento: l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; pena accessoria che si applicherà anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato sono cessati dall'ufficio o dal servizio.
Leggendo le previsioni di questa nuova normativa, tornano alla mente fatti storici e personaggi tristemente noti che hanno contornato delitti di mafia, stragi, incidenti aerei, il processo senza fine sulla presunta trattativa Stato-mafia, che ha visto coinvolti anche uomini delle Istituzioni repubblicane di altissimo livello…
La norma in approvazione in linea di massima è condivisibile, trovo tuttavia che prima di inasprire le pene già previste nel nostro ordinamento bisognerebbe renderle effettive. È del tutto inutile inasprire le pene teoriche se il sistema fa acqua!
Rendere effettive le pene sicuramente restituirebbe fiducia nel sistema: per punire chi si macchia di reati così odiosi è bene che si costruiscano nuove carceri e prevedere lavori forzati di pubblica utilità che assicurino un risarcimento e siano utili alla vita dello Stato.