lunedì 22 agosto 2011

4 Agosto 1974 - La strage sul treno "del Brennero"


4 Agosto 1974 - Nella notte una bomba esplode nella vettura numero 5 dell'espresso Roma-Brennero. I morti sono 12 e i feriti circa 50. I neofascisti rivendicano l'attentato… 
 
 “Agosto, improvviso si sente un odore di brace”… cantava Claudio Lolli.
E ancora: “che caldo, che fumo, che odore di brace”. Poi resta la rabbia, un treno saltato, e la consapevolezza che “si muore di caldo e di sudore […] si muore di bombe, si muore di stragi, più o meno di Stato”.
In pratica non è cambiato niente da quando si cominciò a morire di bombe, e poi di chissà che…. magari cadendo da una finestra qualunque di un qualunque quarto piano di una qualunque questura di Milano. (Rif. Pinelli)
Semplice e diretto, che dice le cose in faccia, anche a chi ancora non le sa. Lolli semplicemente racconta. E descrive: il caldo di torrida estate e quello del treno che brucia. Poi il boato e dodici destini che affondano in un fragore che è duro ad estinguersi.
E ancora il boato e le voci rimaste a pretendere il vero da chi resta e da chi può accontentarli, forse. E alla fine un’eco che ogni anno ritorna in corone d’alloro riposte su rottami di memorie ogni volta più vive. Un’eco di voci che leggono nomi. Un’eco che dice soltanto: “si muore, si crolla, si esplode, si piange, si urla. Un treno è saltato”.
Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.
E’ il proclama con cui i neo fascisti di Ordine Nero non nascosero di essere stati gli esecutori materiali della strage del 4 agosto 1974.

Faceva caldo quella notte. Ore 01:30, c’era l'afa, quell’afa stressante e oppressiva di mezza estate. Il treno Italicus era partito da Roma: andava verso il Brennero e le vacanze, forse, o verso i rientri. E invece niente: si fermò appena fuori dalla galleria che porta a San Benedetto Val di Sambro, un piccolo comune i provincia di Bologna. Si fermò sventrato da un’esplosione che, se fosse avvenuta qualche decina di metri prima, avrebbe potuto causare centinaia di morti anziché dodici.
La polizia non sa come risalire ai mandanti. Per mesi si va alla ricerca di un collegamento, di una traccia, di un semplice indizio. Sanno solo di che colore possa essere l’ideologia che stava dietro all’esplosione dell’Italicus; nient'altro. Poi, il colpo di scena.
Aurelio Franchini, un extraparlamentare di sinistra, evaso dal carcere di Arezzo nel quale era stato rinchiuso tempo prima, manda a tutti gli organi di stampa una pubblica accusa contro il probabile mandante dell’ordigno esplosivo all’Italicus: “La bomba è stata messa sul treno dal gruppo eversivo di Mario Tuti, che ha ricevuto ordini dal Fronte nazionale rivoluzionario e da Ordine nero. Materialmente hanno agito Piero Malentacchi, che ha piazzato l'esplosivo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, Luciano Franci, che gli ha fatto da palo, e la donna di quest'ultimo, Margherita Luddi”. Nient’altro, anzi, fin troppo. Ma chi era Mario Tuti?
Trattavasi di un sovversivo che era noto già da tempo alla polizia. Si dice di una donna che lo aveva indicato come autore della strage. La denuncia fu archiviata molto presto, la donna fu rinchiusa in una casa di cura perché tacciata di mitomania. Il giudice che aveva deciso tutto questo si chiamava Mario Marsili, genero di un certo Licio Gelli.
Ah! Allora c’entra la P2? Forse. Boh! Non si sa, anche perchè la mega lista dei "gelliani" sarà scoperta solo sei anni dopo. Si sa solo che probabilmente Arezzo era una zona molto franca per i neo-fascisti. Erano protetti, “da una setta molto potente” disse una volta Luciano Franci, ad un camerata che piagnucolava per essere stato arrestato.
Fatto sta che Tuti diviene effettivamente un indagato per la strage di San Benedetto. All’inizio del 1975 si arriva addirittura al mandato di cattura contro di lui. Ma riesce a sfuggire all’arresto ammazzando due dei tre Carabinieri che erano andati a prelevarlo presso la sua abitazione. Poi scappa in Corsica, ad Ajaccio; quindi in Costa Azzurra. Alla fine, la Polizia francese riesce ad arrestarlo e a chiuderlo in carcere.
E questi erano i fatti, ad appena due anni dalla bomba.
Qualcuno potrebbe pensare che a distanza di 37 anni da quella domenica d’agosto le cose siano quantomeno un po’ più chiare.
La situazione invece è questa: mentre per la strage alla stazione di Bologna, i familiari delle vittime lamentano l’impossibilità di giungere una volta per tutte ai mandanti, per la bomba sull’Italicus (così come per quella sul Rapido 904) non esiste alcun responsabile. Il processo si concluse per Tuti e Franci con l'assoluzione per non aver commesso il fatto e per Luddi e Malentacchi con pronuncia di non doversi procedere perché il reato contestato si è estinto per amnistia.
Bella storia! E pensare che c’è ancora chi si batte per il mantenimento del segreto di Stato!
30 anni dopo la strage, Maria Fida Moro, figlia del presidente della Democrazia Cristiana ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978, dopo un lungo sequestro, rivelò un particolare che per anni era stato taciuto: il padre era salito su quel treno a Roma, ma era sceso subito dopo perché richiamato in ufficio per firmare dei documenti importanti. Era forse lui l’obiettivo dei bombaroli?
Questo, ancora oggi, non è dato sapere.
                          video: Agosto - Claudio Lolli


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