sabato 24 settembre 2011

Un piccolo casolare di campagna e la sua memoria...

[di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato - Cinisi]
Stretto tra il monte Pecoraro e le piste dell’aeroporto è ancora lì, come se non fossero trascorsi 33 anni. Ancora guarda dalle sue piccole finestrelle gli uccelli d’acciaio che atterrano a Punta Raisi, come dicevano a Radio Aut, e i treni che passano veloci sulla linea ferrata Palermo-Trapani. Non è altro che un piccolo casolare di campagna, sito in contrada Feudo. Prima piccola stalla,  poi destinato ad essere qualcos’altro, teatro di una triste, tragica vicenda. È proprio lì, infatti, che Peppino venne portato la sera dell’8 maggio del 1978 ed è proprio lì, all’interno di uno dei suoi piccoli vani, che venne malmenato pesantemente, preso a sassate, per poi essere trascinato sui binari e fatto saltare in aria, con una carica di esplosivo.
Lì, al suo interno, la mattina del 9 maggio 1978 sono state ritrovate le tracce di sangue e le pietre macchiate consegnate ai carabinieri e poi sparite. E sparsi in quel piccolo angolo di campagna i resti che appartenevano al corpo di Peppino. Ed è lì, sul campo, che proprio quello stesso giorno è iniziato il depistaggio, con l’occultamento delle prove, la riparazione immediata dei binari con il riempimento del cratere dell’esplosione e il fatto che quella piccola struttura venne del tutto ignorata durante gli accertamenti delle forze dell’ordine e la sua esistenza neppure risulta dai verbali redatti dagli agenti intervenuti. Lì, proprio lì, i compagni di Peppino venivano tenuti lontani da un cordone di polizia, mentre i curiosi potevano tranquillamente scorazzare o persino avvicinarsi all’auto di Peppino, aprire la portiera, entrare nell’abitacolo. Ed è lì che il giorno dopo proprio i compagni dovettero tornare, per portare avanti un lavoro traumatico, per raccogliere prove e indizi allo scopo di smontare la tesi dell’attentato terroristico, fotografando ogni minimo dettaglio, trovando altre pietre insanguinate e altri resti di Peppino lì abbandonati, che furono raccolti in miseri sacchetti di plastica. Proprio lì, infine, lungo i binari, fu collocato a testimonianza un cartello che riportava la scritta “Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia qui”.
Prima era una piccola trazzera a condurvici, adesso una stradina costeggiata da villette, comparse come funghi a rompere l’isolamento e il silenzio della campagna. E lo sguardo che non sa se posarsi in lontananza sui versanti della montagna alle spalle o sulle acque del  mare di fronte, si stringe ben presto tristemente su un lucchetto che serra alla recinzione una rete sgangherata in ferro. Certo non fa da protezione, perché impedisce l’accesso solo a chi giunge in quel luogo per portargli omaggio in quanto testimone di un pezzo di storia e teatro di una memoria, mentre lo stesso, chissà come, non accade a chi lì vi reca per altri scopi, per pascolarvi le mucche o scaricare abusivamente rifiuti o materiale di risulta.
A nulla è valso il vincolo posto sulla struttura del casolare nel 2003 dai commissari prefettizi che amministrarono il comune quando la giunta di allora fu sciolta per infiltrazione mafiosa. “Bene di interesse storico-culturale”, così risulta registrato anche nel piano regolatore, ma il terreno circostante resta di proprietà privata.
Ci siamo rivolti alle istituzioni locali per trovare una soluzione e ci hanno dato ascolto dicendoci, però, che non sono disponibili fondi per l’acquisizione del terreno. E così fino ad ora  non siamo riusciti a superare l’ostacolo, abbandonando quel posto all’incuria e noi stessi alla tristezza sconfinata che ci cattura ogni volta che ci rechiamo lì.
Adesso, però, siamo stanchi di aspettare. Vogliamo veder rinascere quel luogo come un giardino della memoria, con un prato verde, installazioni e una targa a ricordo.
Ogni luogo ha una memoria, ma alcuni più degli altri e di questi bisogna avere cura e rispetto,  bisogna lasciare che ogni loro angolo racconti quello che ha vissuto, come quel carrubo posto lateralmente al casolare sotto il quale fu parcheggiata l’auto di Peppino, che continua imperterrito a diramare le sue radici nel terreno.
Presto lanceremo un’iniziativa pubblica per il recupero del casolare, ma vogliamo che diventi un’occasione di mobilitazione collettiva, di tutti coloro che conservano una forte sensibilità riguardo la memoria di chi ha lottato in difesa dei diritti di tutti e del nostro territorio, senza alcuna forma di strumentalizzazione o appropriazione. Speriamo nel sostegno di tanti.
[di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato - Cinisi]

Nessun commento:

Posta un commento