sabato 10 febbraio 2024

... a chi il 10 Febbraio urla: "e allora le foibe?"

 

A chi il 10 febbraio urla “...e allora le foibe?”

Non bisogna rispondere semplicemente tirando fuori numeri. Ristabilire la verità storica, certo, significa anche questo. Ma l’idea di combattere un’operazione di revisione della storia che mira ad equiparare la Resistenza ai crimini fascisti a colpi di numeri e fonti storiche, finisce inevitabilmente per porsi proprio sul terreno dell’equiparazione, rischiando di scivolare nella stessa logica che si vuole combattere.

Parlare del numero dei morti è sempre un’operazione delicata, e prima o poi si finisce sempre a dire che, al di là del numero, i morti sono tutti uguali. Una posizione comoda e certo diffusa. Certo, è semplice affermare che “i morti sono tutti uguali”, una volta che sono già morti.

Ma a volte, se si vuole essere davvero obiettivi, bisognerebbe anche chiedersi cos’hanno fatto in vita, prima di morire. Vittime e carnefici restano tali anche dopo essere morti e negare questo in nome di una “memoria” costruita ad hoc dai neofascisti (e accolta negli ultimi anni anche dalla sinistra), significa negare la storia. Come ha detto Alessandra Kersevan, storica del confine orientale: «Commemorare i morti nelle foibe significa sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e collaborazionisti del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei conti o vendette personali, c’è il 2 novembre».



 

 

 

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