Reggio Emilia 7 luglio 1960 - «Il cielo era diventato improvvisamente di piombo, una cappa opprimente calò all’improvviso sulla città. Mentre lasciavamo la piazza, a occidente si stagliarono lingue rosse di fuoco…».
Il ricordo di un tramonto è la prima immagine che viene in mente a un testimone-protagonista di quel 7 luglio. Le mani che quel giorno fremevano mentre lanciavano sassi in risposta ai proiettili della polizia di Tambroni. Le mani ferme di chirurgo che cercavano di strappare alla morte i feriti. Le mani di un giovane cronista che tremavano al momento di scattare la foto del corpo senza vita di uno dei «Morti di Reggio Emilia». Le mani che tremano, sono quelle di un giovane cronista, oggi storico della Resistenza, Antonio Zambonelli, all’epoca studente universitario e maestro elementare…
Il ricordo di un tramonto è la prima immagine che viene in mente a un testimone-protagonista di quel 7 luglio. Le mani che quel giorno fremevano mentre lanciavano sassi in risposta ai proiettili della polizia di Tambroni. Le mani ferme di chirurgo che cercavano di strappare alla morte i feriti. Le mani di un giovane cronista che tremavano al momento di scattare la foto del corpo senza vita di uno dei «Morti di Reggio Emilia». Le mani che tremano, sono quelle di un giovane cronista, oggi storico della Resistenza, Antonio Zambonelli, all’epoca studente universitario e maestro elementare…
Il
giugno-luglio 1960 è segnato da una gravissima crisi politica: Fernando
Tambroni, democristiano, forma un governo monocolore con i voti determinanti
del MSI.
A
Genova, Medaglia d'Oro della Resistenza, il MSI vorrebbe tenere il proprio
congresso ai primi di luglio, ma un'imponente reazione popolare lo impedisce;
la polizia interviene duramente e negli incidenti rimangono feriti 83 manifestanti.
La mobilitazione antifascista si diffonde in altre città e il governo sceglie la linea dura per reprimere il dilagare delle manifestazioni di piazza.
La mobilitazione antifascista si diffonde in altre città e il governo sceglie la linea dura per reprimere il dilagare delle manifestazioni di piazza.
Il
6 luglio 1960 a
Roma, a Porta San Paolo, la polizia attacca un corteo antifascista, ferendo
alcuni deputati socialisti e comunisti; ma i fatti più gravi accadono a Reggio
Emilia, dove il 7 luglio 1960, nel
corso di una manifestazione sindacale, cinque operai di Reggio Emilia, tutti
iscritti al PCI, sono uccisi dalle forze dell'ordine.
I
loro nomi, immortalati dalla celebre canzone di Fausto Amodei “Per i morti di Reggio Emilia”: Lauro
Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli.
I
morti di Reggio Emilia sono l'apice - non la conclusione - di due settimane di
scontri con la polizia, alla quale il capo del governo Tambroni ha dato libertà di aprire il fuoco in
"situazioni di emergenza": alla fine si conteranno undici morti e
centinaia di feriti.
Questi
morti costringeranno alle dimissioni il governo Tambroni, monocolore
democristiano con il determinante appoggio esterno dei fascisti del M.S.I. e
dei monarchici, e apriranno la strada ai futuri governi di centro-sinistra. Ma
soprattutto contrassegneranno in modo repentino un radicale mutamento di clima
politico nel paese: l'avvento della generazione dei "ragazzi con le magliette a righe".
Sino
a quel momento i giovani erano considerati come spoliticizzati, distanti dalla
generazione dei partigiani e orientati al mito delle "tre M"
(macchina, moglie, mestiere): la giovane età di tre delle cinque vittime
testimonia invece la presa di coscienza, in forme ancor più radicali della
generazione che aveva resistito negli anni Cinquanta, di un nuovo proletariato
giovanile. Di questo mutamento di clima - dalla disperata tristezza per il revanchismo
fascista alla rinascita della speranza dopo i fatti di luglio - sono
testimonianza la poesia di Pasolini La croce
uncinata [leggi..]
Video "per i morti di Reggio Emilia"
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