Cade nel vuoto l'appello lanciato in queste settimane dall’Associazione Avviso Pubblico.
Tagli per 45,5 miliardi nella manovra economica "d'urgenza" varata dal Governo. E cade definitivamente nel vuoto l'appello a evitare tagli a servizi e enti locali e recuperare soldi da lotta alle mafie e corruzione. A lanciarlo in queste settimane Avviso Pubblico, la rete di enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie.
150 miliardi di euro, tanti sarebbero infatti, soldi sottratti quest’anno dalle mafie all’economia nazionale. Rubati, centesimo dopo centesimo, dalle tasche degli italiani onesti per fare cassa con i business illegali, con la complicità di corrotti e collusi. Come riportato in una recente relazione della Commissione parlamentare antimafia la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di PIL in regioni come la Basilicata e la Puglia. E secondo il Censis fa perdere nel Mezzogiorno sino a 180 mila posti all’anno. Questi i veri numeri da tenere a mente in una manovra economica, urgente, che risponda alle richieste dell’Europa, certo, ma anche a quelle della legalità.
E invece nè il Governo nè le opposizioni prendono in considerazione queste cifre. Se non bastassero i dati elencati sin qui, secondo l’ultimo rapporto di SOS Impresa di Confesercenti, sono circa 500 mila i commercianti oggetto di attenzione della malavita, per un giro d’affari criminale stimato in 98 miliardi di euro, di cui 37 per mano mafiosa. E la stessa Banca d’Italia per voce della vice direttrice generale Tarantola, ha affermato che in Italia il riciclaggio del denaro sporco incide sul 10% del PIL.
Le cifre sono note da anni, e continuano a peggiorare, ma nemmeno in un periodo di crisi economica generale come questa, la politica vuol tenerne conto. A denunciarlo, con forza, in un appello caduto nel vuoto, Avviso Pubblico. Da settimane chiedono al Governo e alle parti sociali «di introdurre nell’agenda del loro confronto anche il tema della legalità, del contrasto alle mafie, alla corruzione, all’evasione fiscale all’economia sommersa».
Nessun commento:
Posta un commento