martedì 10 luglio 2012

La fabbrica dei profumi

Sabato 10 luglio 1976, è passato da poco mezzogiorno, il “reattore b” dell’ICMESA, azienda chimica alle porte di Milano, smette di funzionare, dalla “fabbrica dei profumi”, come la chiamava la gente del posto, si leva una grande nube nera. Non si tratta di uno dei tanti nembi che preludono ad un temporale estivo, questa nube è carica di veleno: la diossina, che il vento spinge verso Sud, coprendo Seveso ed altre tre cittadine della Brianza: Desio, Meda e Cesano Maderno. La fabbrica, che lavora per una multinazionale svizzera ufficialmente produce profumi e disinfettanti ospedalieri. A Seveso è subito allarme: decine di animali morti, ustioni sulla pelle: il viso di decine di persone, in gran parte bambini, viene deturpato dalla Cloracne, negli anni successivi numerosi saranno gli aborti spontanei ed i tumori, oltre 730 abitanti vengono fatti sfollare, le foglie degli alberi cominciano ad ammalarsi ed appassire; tutta la zona viene evacuata, perché anche le case risultano contaminate…. ma solo 2 settimane dopo l’incidente. Da subito la dirigenza della fabbrica cerca di minimizzare l’accaduto, ma il sindacato intuisce immediatamente la gravità dell’accaduto e si mobilita…. ci si comincia a chiedere come sia potuto accadere e perché ed ancora, se sia vero che, come asseriscono voci incontrollate, la reale produzione dell’ICMESA abbia a che fare con la produzione di armi chimiche. Le autorità rassicurano, minimizzano o si trincerano sotto il più stretto riserbo… silenzi inquietanti in un clima di massima confusione ed incertezza, le notizie filtrano a fatica, si contraddicono.
Il “tricloro-fenolo” prodotto dall’ICMESA, si scoprirà poi, finiva negli Stati Uniti, dove veniva trasformato nel micidiale defoliante “tetraclorodibenzo-p-diossina” tristemente noto come “agente orange” che venne sparso su oltre 3 milioni e mezzo di ettari di terra in Vietnam, distruggendo tutto: lo scopo era far terra bruciata della foresta; spogliarla, perché potesse rivelare i nascondigli dei vietcong lungo la linea demilitarizzata o nei meandri del sentiero di Ho Chi Minh che portava rifornimenti dal Nord, ma la diossina penetrando nel suolo, contamina l'acqua e si incista nella catena alimentare. La TCDD è una sostanza altamente tossica in grado di provocare danni gravissimi alla pelle, al cuore, ai reni, al fegato, allo stomaco e al sistema linfatico. Provoca la malformazione dei feti umani, con nascite di bambini mutilati, gravemente deformi o morti. Oggi sappiamo che purtroppo non si può rallentare il processo di diffusione della TCDD nell'aria, nell'acqua e nelle catene alimentari; in caso di incidente industriale o in caso di dispersione nell'ambiente la sostanza penetra nel terreno e tutti gli esseri viventi (piante, animali, uomo) ne vengono contaminati anche a distanza di anni. Gli effetti sono dunque, quasi sempre, irreversibili. Gli interrogativi su Seveso, il più grande disastro ambientale che si sia verificato nel nostro paese dal dopoguerra, a distanza di tanti anni rimangono pesanti e senza risposta. La fabbrica di Seveso in seguito verrà demolita, l’area su cui sorgeva bonificata; i danni subiti dalla popolazione sono stati enormi…. Tutto questo all’interno di una storia tipicamente italiana, conclusasi con lievi condanne finali; una storia che però ha prodotto nuove sensibilità in tema di rischi ambientali e che ha costretto ad un ripensamento profondo al rapporto tra fabbrica ed ambiente.
 Canzone per Seveso – Antonello Venditti
(video di Benedetto Randazzo)

sabato 7 luglio 2012

Per i morti di Reggio Emilia

Reggio Emilia 7 luglio 1960 - «Il cielo era diventato improvvisamente di piombo, una cappa opprimente calò all’improvviso sulla città. Mentre lasciavamo la piazza, a occidente si stagliarono lingue rosse di fuoco…».
Il ricordo di un tramonto è la prima immagine che viene in mente a un testimone-protagonista di quel 7 luglio. Le mani che quel giorno fremevano mentre lanciavano sassi in risposta ai proiettili della polizia di Tambroni. Le mani ferme di chirurgo che cercavano di strappare alla morte i feriti. Le mani di un giovane cronista che tremavano al momento di scattare la foto del corpo senza vita di uno dei «Morti di Reggio Emilia». Le mani che tremano, sono quelle di un giovane cronista, oggi storico della Resistenza, Antonio Zambonelli, all’epoca studente universitario e maestro elementare…

Il giugno-luglio 1960 è segnato da una gravissima crisi politica: Fernando Tambroni, democristiano, forma un governo monocolore con i voti determinanti del MSI.
A Genova, Medaglia d'Oro della Resistenza, il MSI vorrebbe tenere il proprio congresso ai primi di luglio, ma un'imponente reazione popolare lo impedisce; la polizia interviene duramente e negli incidenti rimangono feriti 83 manifestanti. 
La mobilitazione antifascista si diffonde in altre città e il governo sceglie la linea dura per reprimere il dilagare delle manifestazioni di piazza.
Il 6 luglio 1960 a Roma, a Porta San Paolo, la polizia attacca un corteo antifascista, ferendo alcuni deputati socialisti e comunisti; ma i fatti più gravi accadono a Reggio Emilia, dove il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione sindacale, cinque operai di Reggio Emilia, tutti iscritti al PCI, sono uccisi dalle forze dell'ordine.
I loro nomi, immortalati dalla celebre canzone di Fausto Amodei “Per i morti di Reggio Emilia”: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli.
I morti di Reggio Emilia sono l'apice - non la conclusione - di due settimane di scontri con la polizia, alla quale il capo del governo Tambroni ha dato libertà di aprire il fuoco in "situazioni di emergenza": alla fine si conteranno undici morti e centinaia di feriti.
Questi morti costringeranno alle dimissioni il governo Tambroni, monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno dei fascisti del M.S.I. e dei monarchici, e apriranno la strada ai futuri governi di centro-sinistra. Ma soprattutto contrassegneranno in modo repentino un radicale mutamento di clima politico nel paese: l'avvento della generazione dei "ragazzi con le magliette a righe".
Sino a quel momento i giovani erano considerati come spoliticizzati, distanti dalla generazione dei partigiani e orientati al mito delle "tre M" (macchina, moglie, mestiere): la giovane età di tre delle cinque vittime testimonia invece la presa di coscienza, in forme ancor più radicali della generazione che aveva resistito negli anni Cinquanta, di un nuovo proletariato giovanile. Di questo mutamento di clima - dalla disperata tristezza per il revanchismo fascista alla rinascita della speranza dopo i fatti di luglio - sono testimonianza la poesia di Pasolini La croce uncinata [leggi..]
 

Eco MUOStro a Niscemi


“ Eco MUOStro a Niscemi ”

 

Famelico e insaziabile, il Dio di tutte le guerre ha partorito un nuovo Mostro. Per annientare il pianeta dallo spazio ed eclissare i Soli e le Lune. Si nutrirà del sangue di ogni essere vivente. Muterà il Dna delle specie e degli habitat. Trasformerà i ghiacciai in deserti, i laghi in paludi, gli oceani in melma. Fiumi e torrenti di fuoco, piogge di ceneri, uragani di polveri e fumo. Il quinto Cavaliere dell’Apocalisse. Vestale dell’Olocausto. Elogio della Follia e della Morte.Il padre Marte ha battezzato il figlio MUOS, Mobile User Objective System, perché fosse chiara a tutti la sua natura infernale. Una rete di mega-antenne e satelliti per telecomunicazioni veloci come la luce perché sull’infinito domini l’oscurità. L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo, quelli con i missili all’uranio impoverito, gli aerei senza pilota e le armi atomiche in miniatura.
È a Niscemi, nel cuore di un’importante riserva naturale, che fervono i preparativi per l’installazione di uno dei suoi quattro terminali terrestri mondiali. Un’opera benedetta dai Signori del Pentagono, dal governo italiano e dalla Regione Siciliana. E a cui non fa mancare il suo contributo la borghesia mafiosa isolana. Per il MUOStro di Niscemi sembrava cosa fatta, ma centinaia di giovani ci hanno messo lo zampino…
Eco MUOStro a Niscemi è il libretto di controinformazione di Antonio Mazzeo pubblicato di recente, consulta uno dei seguenti siti:

http://orsatti63ebook.altervista.com - http://orsatti63.tumblr.com

oppure ricercalo direttamente sulle piattaforme di distribuzione www.amazon.com - www.lulu.com
Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista, ha realizzato numerose inchieste sui processi di riarmo e militarizzazione in Italia e nel Mediterraneo. Nel 2010, per Alegre Edizioni (Roma), ha pubblicato il volume I Padrini del Ponte. Affari di mafia nello Stretto di Messina. Nel 2010 ha conseguito il Primo premio «Giorgio Bassani» di Italia Nostra per il giornalismo. È membro della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella e della Rete No Ponte. Per consultare articoli e pubblicazioni: