sabato 16 giugno 2012

Trattativa Stato – mafia: chiusa l’indagine


20 anni, questo è il tempo trascorso da quando la mafia ha alzato il tiro in modo deciso e cruento contro lo Stato, lo stesso Stato che non esitò un attimo ad identificare e rinchiudere per sempre in carcere tutti i mandanti, fiancheggiatori ed esecutori di stragi che non hanno precedenti nel mondo occidentale….
Se fosse andata così, a 20 anni di distanza questa storia sarebbe raccontata nei libri di storia come un capitolo da evidenziare insieme a quelli che testimoniano la forza positiva e volontà decisiva dei popoli di riscattarsi, di liberarsi dalle barbarie, dalle oppressioni: le lotte partigiane, le rivoluzioni, i movimenti rivoluzionari non violenti per la pace, contro il colonialismo, contro il razzismo…
Questa volta non è andata così, quella che si racconterà è una storia vergognosa di mascalzoni prezzolati ancorchè uomini dello Stato, che hanno cercato ed intavolato trattative con un branco di assassini.
Mettetela come vi pare ma alla chiusura di 4 anni di indagini, la magistratura inquirente di Palermo ha individuato 12 persone che sarebbero responsabili di questo crimine, fra cui uomini delle istituzioni:
Calogero Mannino: parlamentare, Deputato dal 1979 al 1992, ex sottosegretario al Tesoro, ex Ministro della Repubblica in ben 6 Governi;
Nicola Mancino: già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, già ministro dell'Interno e presidente del Senato, 2 volte presidente della Giunta Regionale Campana;
Marcello Dell’Utri: attualmente Senatore della Repubblica, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi sin dagli anni settanta, socio in Publitalia '80 e dirigente Fininvest; nel 1993 fondò con lui Forza Italia. Il 29 giugno 2010 è stato condannato presso la Corte d'appello di Palermo a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa; ha patteggiato una pena di due anni e tre mesi per frode fiscale.
Antonio Subranni: Generale dei Carabinieri, è stato comandante del ROS dei Carabinieri dal 1990 al 1993, nominato maggiore nel 1978, divenne comandante del Reparto operativo del comando provinciale di Palermo. Per questo indagò (depistando le indagini), sulla morte di Peppino Impastato, che indirizzò verso l'ipotesi terroristica, invece che mafiosa. Da colonnello comanda poi il gruppo provinciale di Palermo. Nominato generale, nel dicembre 1990 divenne il primo comandante del Raggruppamento Operativo Speciale (Ros) dell'Arma, appena costituito con i 27 nuclei anticrimine territoriali dei CC. Gli uomini del ROS, sotto il suo comando, catturarono Totò Riina guidati dal capitano Ultimo, omettendo di perquisire nell’immediatezza la sua abitazione-covo a Palermo. Agnese Borsellino, moglie del giudice Paolo Borsellino, rivela che il marito poco prima di essere ucciso le disse: "Ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni era punciutu" (affiliato alla mafia), ma il generale si è dichiarato estraneo alle accuse e il gip di Caltanissetta nel maggio 2012 ha archiviato il procedimento. Nel 1994 è nominato generale di divisione e va in congedo con il massimo grado: generale di Corpo d'Armata.
Mario Mori: generale dei Carabinieri, è stato comandante del ROS dei Carabinieri e direttore del SISDE (il servizio segreto italiano). Mori è stato rinviato a giudizio dalla procura di Palermo insieme a Sergio De Caprio, entrambi furono poi prosciolti dall'accusa di favoreggiamento nei confronti di “cosa nostra”. L'indagine era stata avviata dalla procura per accertare gli eventi che avevano portato alla ritardata perquisizione del "covo" di Totò Riina. Solo 18 giorni dopo si scoprì che i Carabinieri all’insaputa della Procura avevano omesso di presidiare il sito: Nel frattempo il "covo" era stato ormai abbandonato dalla famiglia di Riina e completamente svuotato.
Giuseppe De Donno generale dei Carabinieri che insieme a Subranni e Mori, dopo avere avviato i contatti con don Vito Ciancimino (ex sindaco di Palermo), avrebbe favorito “lo sviluppo della trattativa fra lo Stato e la mafia, attraverso reciproche parziali rinunce”. Da una parte cosa nostra con “la rinuncia alla prosecuzione della strategia stragista”, dall'altra i rappresentanti delle Istituzioni con “la rinuncia all’esercizio dei poteri repressivi dello Stato”.
I REATI:
Ai capimafia indagati i pm contestano il reato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Stessa accusa viene fatta a Calogero Mannino, già processato e assolto con sentenza definitiva dal reato di concorso in associazione mafiosa e al senatore Dell'Utri.
Di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato rispondono anche l'ex capo del Ros Antonio Subranni, il suo vice dell'epoca Mario Mori e l'allora capitano Giuseppe De Donno. "Hanno agito per turbare la regolare attività dei corpi politici dello Stato - si legge nell'atto d'accusa -. Hanno agito in concorso con l'allora capo della Polizia Parisi e il vice direttore del Dap Di Maggio, deceduti".
Per Massimo Ciancimino, invece, il reato contestato è il concorso in associazione mafiosa e di calunnia aggravata nei confronti dell'ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro. Nicola Mancino, nel '92 al dicastero dell'Interno, risponde di falsa testimonianza. Nell'indagine sono finiti anche l'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso, l'ex capo del Dap Adalberto Capriotti e l'europarlamentare dell'Udc Giuseppe Gargani: per loro l'accusa è di false informazioni al pubblico ministero ma l'avviso di conclusione indagini non è stato notificato. La legge prevede che l'inchiesta, in questo caso, sia bloccata fino alla definizione in primo grado del processo principale, quello, appunto, sulla trattativa.

Tutto è bene quel che finisce bene? Forse.
L'avviso conclusivo delle indagini non e' stato firmato né dal procuratore capo, Francesco Messineo, né dal sostituto Paolo Guido. Il primo ha affermato che la sua firma “non è obbligatoria”, il secondo semplicemente ha espresso un “dissenso rispetto alla linea portata avanti dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia.....”
Di certo le dichiarazioni di Ingroia sono intrise di una verità che fa accapponare la pelle: 
 “… fa ancora più impressione sapere che mentre i mafiosi uccidevano e seminavano morte e terrore con le bombe, c'era qualcuno dello Stato che trattava la tregua dietro le quinte". “La mafia - ha proseguito il magistrato - contrariamente ai cliché e ai luoghi comuni, che la intendono come antistato, non è antistato, ma ha una relazione organica e stabile con gli apparati, con le classi dirigenti del nostro Paese, locali e nazionali, e quindi in questo ambito, l'alternarsi di momenti di guerra e momenti di pace sono in realtà una sorta di braccio di ferro interno al blocco e al sistema di potere che ha governato il nostro Paese in senso economico, sociale e politico".
"La verità è che tutta la storia del confronto fra mafia e Stato non è una storia di guerra, ma di tregue e trattative. Lo Stato italiano, soltanto in brevi periodi e brevi parentesi in cui si sono create emergenze nazionali ed emozioni collettive all'indomani della stragi, ha creato una legislazione forte ed efficace. Ma erano semplicemente delle norme tampone - ha concluso Ingroia - mentre dietro le quinte già ci si dava da fare per stipulare una nuova tregua, un nuovo patto di connivenza"….




lunedì 11 giugno 2012

Giuseppe Valarioti, un eroe civile

Tra le notizie di oggi leggo: “Pio La Torre, dopo 30 anni si riapre l’indagine...”, Ah, però... dopo 30 anni siamo ancora alla ricerca dei possibili mandanti? Beh, al tempo “sparirono” documenti ed appunti che il Segretario regionale del PCI era intenzionato di affidare a dei professori universitari per fare luce sulla strage di Portella delle Ginestre... si disse nell’82, ma di questo materiale si perse traccia e memoria...
Poi leggo: “Trattativa Stato-mafia: indagato Mancino per falsa testimonianza”.... Ma guarda! Fammi pensare, ma Mancino, ma non è l’ex Ministro degli interni, già Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Presidente del Senato, per 2 volte presidente della Giunta regionale in Campania... Falsa testimonianza nel processo del Generale dei Carabinieri Mario Mori sulla trattativa tra Stato e mafia? Avviso di garanzia Nico’! ... OHIBO’ !
Ora che ci penso, qualche tempo fa all’uscita dell’aula del tribunale per quel processo, il P.M. Antonio di Matteo ebbe a dire: “QUI QUALCHE UOMO DELLE ISTITUZIONI MENTE....” 
Un’affermazione che scuote il sistema dalle fondamenta, trattandosi di stabilire se vi fu trattativa nel 92 – 93 con questo branco di assassini, non trovate?
Stasera torna in mente la canzone di Celentano “il mondo in MI settima”, ricordate? “Queste cose oggi non succedono più e poi, chissà di quand’è questo giornale...... E’ DI OGGI !
E poi, mi imbatto nella recensione di un libro poco pubblicizzato: “Il caso Valarioti” (Rosarno 1980: così la 'ndrangheta uccise un politico (onesto) e diventò padrona della Calabria)...
Già, Giuseppe Valarioti, leggo: “un altro politico (onesto) ucciso dalla mafia calabrese, un professore di lettere con la passione per l’archeologia, convinto che l’impegno politico sia prerogativa fondamentale dell’uomo di cultura. Che l’impegno antimafia sia il fine e l’inizio dell’attività politica. Un maestro, un dirigente del Pci di cui la sinistra oggi sente terribilmente la mancanza. Fare la guerra alla ‘ndrangheta a casa sua, affrontare i mafiosi a viso aperto, senza scorta e senza spalle istituzionali. Farlo non per coraggio ma per coerenza, politica e civile. Peppe Valarioti è stata una delle pagine più belle e brillanti del PCI, stroncata da una ‘ndrangheta fottuta dalla paura per quell’intellettuale con gli occhiali quadrati e le lenti spesse, la notte tra il 10 e l’11 giugno del 1980: “... aiuto compagni mi spararu”, la corsa verso l’ospedale e poi il vuoto”....
Il vuoto creato da quegli spari che hanno avuto la durata di un momento, un vuoto infinito creato dal silenzio complice.
Si, la mafia uccide, il nostro silenzio pure. Certo la paura può far tremare i nostri denti, ma quando le nostre coscienze non riescono ad ignorare questa lunga scia di sangue, ci chiediamo come è possibile che sia successo tutto questo? Quello è il momento di dire adesso basta! Troppe volte ci siamo girati dall’altra parte e dimenticarli significa lasciare che accada ancora.

sabato 2 giugno 2012

Ponteranica cancella Peppino Impastato

Lunga è la notte e senza tempo” scriveva Peppino Impastato in una sua poesia.
Lunga e infinita questa notte della Repubblica italiana, dove il delirio leghista del recupero delle tradizioni e dialetti porta il sindaco di Ponteranica, piccolo comune del bergamasco a rimuovere la targa dedicata a Peppino Impastato dalla biblioteca comunale.
Meglio dedicarla a una “personalità locale” che a un giovane giornalista e militante politico che ha dedicato la vita alla lotta contro la mafia e che da cosa nostra è stato trucidato nel maggio del 1978.
Ci sono voluti anni per arrivare alla verità sull’omicidio di Impastato e perché terminasse la campagna diffamatoria nei suoi confronti.
Ma per il sindaco leghista niente può cancellare la macchia, la colpa di essere meridionale.
Il sindaco leghista di Ponteranica Cristiano Aldegani aveva giurato - tre anni fa, nel settembre del 2009 - che dopo aver tolto la targa (messa dalla ex maggioranza) che intitolava la biblioteca comunale di via Valbona a Peppino Impastato, non l'avrebbe più rimessa. Avrebbe invece voluto intitolare la biblioteca a padre Giancarlo Baggi, prete dei Sacramentini, scomparso nel 2000.
Ne erano nate polemiche, arrivate fino in Sicilia, al paese di Peppino Impastato. Ma poi l'iniziativa era rimasta ferma, anche perché non erano ancora trascorsi dieci anni dalla morte di padre Baggi, necessari per l'intitolazione. E la questione sembrava dimenticata.
Da quell’episodio, lo ricorderete nacque una mobilitazione nazionale di sindaci ed associazioni che hanno intitolato decine di biblioteche, strade, piazze, parchi, luoghi di pubblico interesse, sezioni di associazioni ecc. al militante antimafia siciliano
Fino a ieri (30/5), quando il sindaco ha mandato gli inviti «all'intitolazione della biblioteca comunale a padre Baggi, che si terrà a Ponteranica martedì 5 giugno, anche con il coinvolgimento delle classi di 5ª elementare, che deporranno un loro elaborato grafico.
Un'iniziativa che ha sorpreso consiglieri, cittadini e le associazioni che, tre anni fa, si erano battute per far cambiare idea al sindaco. A cominciare dalla sezione provinciale dell'associazione Libera e dal Comitato per Peppino Impastato: «È stato un fulmine a ciel sereno, non c'era nulla nell'aria che potesse far pensare a questa decisione improvvisa», dice Vanni Cassis, referente di Libera Bergamo. Che aggiunge: «Sembra che nemmeno le scuole, coinvolte nell'iniziativa, sapessero dell'intitolazione a padre Baggi. Non ci giriamo dall'altra parte nemmeno questa volta. Stiamo pensando a cosa organizzare per esprimere il nostro no a questa iniziativa.». Sulla stessa linea, anche il Comitato per Impastato, che con il suo referente Carlo Colombi dice: «Voglio ricordare che gli stessi padri Sacramentini avevano chiesto all'amministrazione di non "usare" padre Baggi in contrapposizione con Impastato, ma di dedicargli un altro luogo. Questo è un fatto grave, reagiremo».
Notizie di mobilitazioni si stanno intanto susseguendo e sono divulgate da giornali e dal web in tempo reale:
Fra le prime, quella molto singolare di GIULIO CAVALLI, scrittore, attore, regista, dal 2010 consigliere regionale per S.E.L. in Lombardia: una petizione via web che genera ed invia in automatico una e-mail al Sindaco leghista di Ponteranca Aldegani, con il testo sotto indicato. 
Questo il testo della mail che arriva al Sindaco di Ponteranica sottoscrivendo l’appello a questo sito


Caro sindaco, apprendo dalle agenzie di stampa l'intitolazione della Biblioteca Comunale a "Padre Giancarlo Baggi" che, inevitabilmente, riaccende la questione della precedente rimozione della targa alla memoria dell'attivista antimafia Peppino Impastato barbaramente ucciso dalla mafia. Già nel 2009 aveva preso questa decisione (negata da uno stop della Prefettura per questioni burocratiche) e anch'io faccio mie le stesse parole usate dal fratello di Peppino, Giovanni Impastato, in quei giorni quando disse «Ho provato fastidio per ciò che è accaduto. È una cosa indegna, un gesto incivile che offende la dignità umana. Nella scelta del sindaco di Ponteranica leggo solo razzismo. A parole si parla di lotta alla mafia ma da certi fatti come quello di Ponteranica si capisce che la lotta alla mafia non interessa».
Ritengo (come tanti altri cittadini) che la sua ostinazione sia un'inutile provocazione che di certo non rende giustizia alla memoria di Peppino e, ancora meno, ai tanti (anche nel suo paese) che credono nelle idee di una generazione che ha avuto il coraggio di ribellarsi alla mafia.
Sicuramente la scelta di intitolare al caro Padre Baggi qualche altro significativo luogo del suo paese eviterebbe di lasciare intendere in questa sua decisione un tentativo di rimozione culturale della figura di Peppino Impastato.
Siamo sicuri di un suo ripensamento e di una sua assunzione di responsabilità.

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"Il sindaco strumentalizza il nostro padre Baggi"
(Fonte: bergamonews.it )
La richiesta è di padre Giuseppe Bettoni, vice provinciale dei Padri Sacramentini.
Non siamo stati invitati e nemmeno informati. Riconfermiamo la nostra distanza da questa iniziativa del Comune di Ponteranica. Padre Giancarlo Baggi aveva grande sensibilità culturale e ci dispiace che la sua persona venga strumentalizzata e contrapposta a quella di Peppino Impastato, che ha dato la sua vita per combattere la mafia. Se si voleva ricordare padre Baggi bastava scegliere un altro luogo, una via, una piazza, una sala. Lanciamo un appello perché il sindaco Aldegani riveda la sua posizione”.
Per ribadire la loro contrarietà i padri Sacramentini, Libera e il Comitato per Peppino Impastato hanno deciso promuovere una serata per il prossimo 13 giugno per mettere a confronto le due figure di Peppino Impastato e di Padre Baggi. Intanto hanno deciso di tenersi lontano dall’annunciata cerimonia di intitolazione della biblioteca civica al sacerdote bergamasco: “Non vogliamo creare tensioni”.
Anche i familiari di padre Baggi si dicono stanchi di questa strumentalizzazione del proprio congiunto.
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Chi invece ha deciso di protestare contro la decisione del sindaco Aldegani sono il Movimento Studentesco e Rifondazione comunista che promettono contestazioni e presidi proprio nella giornata di martedì 5 giugno.
Insomma gli animi tornano a scaldarsi anche sul Web, proprio come tre anni fa quando il sindaco di Ponteranica appena eletto, e a capo di una maggioranza di Lega e Pdl, come primo atto del suo mandato decise di togliere la targa della biblioteca, intitolata a Peppino Impastato nel 2008 dopo una serie di iniziative e percorsi culturali ed educativi per far conoscere la battaglia contro la mafia.
Fa paura Peppino, un simbolo della lotta contro la mafia, anche a quei poteri che affondano le proprie radici in una realtà, come quella della Lombardia o dell’Italia settentrionale, caratterizzate da una larga fetta di economia occulta e malavitosa cresciuta grazie agli spazi concessi da componenti o forze politiche che hanno fatto de liberismo selvaggio e dell’affarismo arrembante la propria stella polare.
Non è pensabile che la provocazione del sindaco leghista di Ponteranica, per la sua gravità, possa passare in secondo piano.
Contro tale provocazione occorre che insorga un largo schieramento democratico ed antifascista.
Facciamo sentire la nostra voce per rimettere la targa di Peppino Impastato al suo posto !